Iniziato un nuovo anno, ecco che la politica italiana in questi giorni dovrà imprimere una andatura diversa e offrire agli italiani una maggiore chiarezza. Nell’ultimo mese siamo stati oggetto di martellamento continuo dei media sul rischio di una crisi di governo, che penso abbia diffusamente disgustato i cittadini, soprattutto perché ad originarlo ha riguardato come e chi dovrà gestire le risorse del recovery fund: un monte di miliardi di Euro da cui può dipendere il futuro d’Italia.
Al di là di quello che si dice, sicuramente la crisi non ci sarà. Il Presidente del Consiglio Conte e Matteo Renzi si metteranno comunque d’accordo sulla vasta e su alcuni aspetti misteriosa questione del contendere.
Stando a quello che ripetono i media riforniti di informazioni dagli stessi contendenti, l’accordo riguarderebbe la struttura nuova del governo, la natura degli investimenti, le modalità e le strutture per la spesa.
Sicuramente evitare la crisi in questi frangenti è un bene, ma non lo sarebbe qualora si intendesse procedere senza considerare come fondamentali gli unici requisiti da ricercare nell’uso dei denari del recovery fund: la rigida e coerente scelta dei settori di riforma e investimenti indicati dalla Unione Europea, come gli strumenti efficienti e trasparenti per sostenere la conduzione della spesa.
Infatti spendere bene i soldi per un auspicabile giovamento economico, dovrà essere l’obiettivo essenziale. Se dovessimo sprecare le risorse in mille rivoli senza una coerenza di fondo da raggiungere, sull’obiettivo della evoluzione della cultura e delle strutture digitali e sulla transizione energetica verde, non solo perderemmo l’occasione unica per recuperare il ritardo accumulato in questo ultimo decennio, ma subiremmo anche il tracollo economico, in quanto i soldi impiegati male, in luogo di riassorbire il debito pubblico, lo andranno ad inesorabilmente ad aumentare.
Insomma queste risorse dovranno servire per ottenere le principali riforme economiche che sinora si sono state trascurate, e che se sfruttate bene ci possono ridare competitività e dunque capacità di stare nel mercato. Ma nel caso italiano, occorre tenere conto che anche le strutture tecniche di gestione, hanno la loro importanza. Alcuni politici hanno tuonato sul fatto che debba essere il Parlamento il soggetto deputato a decidere come accade a Parigi, a Madrid o a Berlino, e su questo assunto nessuno potrà certamente dire il contrario. Ma il nostro Governo e il Parlamento, se volessimo ben inquadrare la nostra situazione di incapacità endemica tecnica degli apparati pubblici, non potranno contarci come verifichiamo nella incapacità di spesa dei fondi europei e statali, al contrario di quello che come accade nei paesi paesi succitati del Continente.
In definitiva se registriamo forti lacune nella spesa ordinaria e di somme enormemente più piccole, si può già da ora immaginare cosa potrà accadere nella gestione delle somme ingentissime del Recovery Fund. In questo ultimo trentennio la incapacità di gestione progettuale e di gestione dei controlli è stata così grave, che in ogni occasione di progettazione e gestione di grandi e piccoli progetti, i tecnici privati sono diventati quasi l’esclusivo espediente per andare avanti, al prezzo di grandi guai.
A tale proposito, per farla breve, penso che la prima proposta di Conte di costituire un nutrito staff di tecnici come task force sia giusto. Infatti se il Governo e Parlamento dovranno indicare la strada da intraprendere e i controlli sulle realizzazioni della spesa, la gestione deve essere altamente qualificata; fatta di altissime e indiscusse professionalità italiane ( e se sarà il caso anche estere ) proprio per assicurarsi il massimo risultato ed alta trasparenza.
Si sa, i professionisti di altissimo valore, oltre alla perizia, sapranno garantire anche autonomia. Tant’è così, che chi ha un alto prestigio professionale, difficilmente diventa disponibile a traffici di ogni sorta, come spesso apprendiamo dalla cronaca negativa.
Confesso che quello che mi ha molto preoccupato dell’annuncio dato dell’allestimento della nutrita task force, risiede nella circostanza che non si è fatto alcun nome di professionisti e non si è data nessuna enfasi sulla necessità di requisiti altissimi da richiedere. Da questa banale constatazione, ho tratto, ne sono sicuro, che nell’ambiente politico si è intensificata la pressione sul Governo, per imbarcare tecnici di propria fiducia. Credo che questo tema, al pari dell’auspicabile programma sul digitale e la transizione energetica, ha bisogno nello Stato centrale, nelle Regioni, nei Comuni, di un scompaginamento delle abitudini e schemi di lavoro, se vogliamo ottenere il risultato di una migliore Italia: semplicemente più moderna, più efficiente, più trasparente