ROMA (ITALPRESS) – “La Serbia deve accettare il futuro senza Kosovo”. L’ha detto il generale Wesley Clark giovedì su ABC News. L’ex leader militare che nel 1999 ha condotto una grande campagna di bombardamento contro la Serbia si è mostrato orgoglioso dell’operazione della quale era al comando, e di cui dice che “ha portato la pace al Kosovo- 25 anni dopo, la regione è in gran parte in pace. Sono fiero della gente della regione, che ha ottenuto questo straordinario risultato”.
“Questi commenti sono profondamente dolorosi per la Serbia, in particolare per la minoranza serba cristiana in Kosovo, che rimane oppressa dalla maggioranza albanese musulmana – si legge in una nota dell’Ufficio per la diplomazia pubblica e culturale del governo serbo -. Privi dei diritti, trattati come cittadini di secondo grado, i cristiani del Kosovo vivono reclusi nei ghetto, dai quali escono solo a proprio rischio e a volte sono vittime di pogrom violenti. Dalla popolazione che ammontava a 250.000 persone nel 1999, i serbi del Kosovo oggi sono meno di 100.000 e la pressione contro di loro continua a crescere”.
L’umanitario francese e fondatore dell’ONG Solidaritè Kosovo Arnaud Gouillon, che attualmente ricopre la carica del Direttore dell’Ufficio per la diplomazia pubblica e culturale del governo serbo, ha fortemente condannato le dichiarazioni del generale americano: “Non vedo di che cosa deve essere fiero il generale Clark. Per 78 giorni la NATO, in totale inosservanza delle leggi internazionali e dell’ONU, ha fatto piovere le bombe sulla Serbia, prendendo impietosamente di mira obiettivi civili quali mercati e aree residenziali. La situazione umanitaria in Kosovo è stata disastrosa”.
Nel luglio del 1999, l’allora segretario generale dell’ONU Kofi Annan ha presentato un rapporto ufficiale al Consiglio di sicurezza, affermando: “Gli attacchi aerei della NATO hanno causato numerosi morti e feriti fra i civili e i danni massici alle infrastrutture e ai mezzi di produzione hanno avuto un impatto devastante sull’industria, impiego, ambiente, servizi essenziali e agricoltura. Fra le vittime più vulnerabili e trascurate sono più di 500.000 rifugiati serbi dei vari conflitti jugoslavi del passato. La crisi in Kosovo ha risultato in un massiccio sfollamento forzato di centinaia di migliaia di civili, in distruzione sistemica di proprietà e dei mezzi di sostentamento, anarchia e violenza insensata, migliaia di omicidi confermati, innumerevoli morti inspiegate e indicibili sofferenze (…) Le regioni dove si è recata la Missione in Kosovo sono stati teatro di una serie di omicidi, incendi dolosi, saccheggi, espulsioni forzate, violenze, attacchi di vendetta e terrore”.
“Ai giorni nostri, i serbi cristiani in Kosovo rimangono obiettivi di maltrattamento e violenze, con lo scopo ultimo di sradicarli completamente. La loro sopravvivenza dipende dai fragili legami che hanno con Belgrado”, prosegue l’Ufficio per la diplomazia pubblica e culturale del governo serbo.
“Considerando che la Serbia si sta avvicinando all’EU, l’Ovest vive un periodo di tensione con la Russia e gli Stati Uniti inaugurano il nuovo presidente da cui si aspetta che si occuperà dei conflitti in atto, i commenti del generale Wesley Clark riaprono le vecchie ferite senza alcun bisogno”, ha sottolineato Arnaud Gouillon, che prosegue: “Queste osservazioni sono scioccanti e irresponsabili. Dobbiamo veramente lasciare i serbi del Kosovo morire per soddisfare i vecchi obiettivi di certi neo-conservatori? Dobbiamo tacere davanti alle dichiarazioni di un ex leader militare che ora funge da una specie di lobbista per le frazioni estremiste albanesi in Kosovo?”.
– Foto Ufficio per la diplomazia pubblica e culturale del governo serbo –
(ITALPRESS).