Gol solitari e decisivi, è la storia di Raspadori

Panettone e champagne per tutti (pare). Si distingue Galliani, uomo del bel calcio antico, che invece, severissimo, caccia Nesta e in pochi giorni riesce a perdere anche con il sostituto, Bocchetti, che per fortuna elogia i suoi “bravissimi ragazzi”, tanto bravi che perdono anche con lui. Si salva anche Motta, vittima dell’ennesimo pareggio impostogli da una Fiorentina avvelenata (con tifosi beceri al seguito). Personalmente, preferirei ignorarlo. E’ noioso.
E’ invece spettacoloso Dybala che a San Siro ha fatto sicuramente ricordare (ai coetanei di Galliani) Gianni Rivera. Mancava Prati. La Joya mi ha incantato fin dai giorni rosei di Palermo. E adesso è in pericolo. “Stai lì”, gli dico. Ha un procuratore che con un altro paio di giri – Dubai e dintorni – vuol diventare milionario. Anche a San Siro, davanti al Milan mascherato, umiliato, costretto a difendersi brutalmente, Dybala si è proposto come salvatore della Roma. Ranieri difenda uno dei pochi talenti genuini del nostro calcio. Gloria ai tifosi che l’hanno capito per primi
Il Napoli segna al Venezia il gol vincente al 79′. Lo firma Raspadori. E dice: “Sono felicissimo di averlo segnato qua”.
Forse era pronto a segnarlo “là”, visto che è diventato oggetto di mercato e si parla della Juve. Giuntoli lo conosce bene. “Qua” vuol dire 3 punti per fare 41 e riconquistare la testa della classifica chiudendo l’anno accanto alla Dea portata paradossalmente sugli altari. La breve storia di Raspadori è ricca di gol solitari e decisivi. Ma facciamo finta che resti “lì”, a Napoli – nel magico Maradona ch’è diventato Vesuvio dopo il suo gol – e cerchiamo di indovinare il suo futuro. E’ una favola, quella di Giacomino, cominciata quando giocava nel Sassuolo e il 3 aprile del 2021, poco più che ventenne, riceveva da De Zerbi la fascia di capitano. Poi fu Napoli. Ah che feste, caccavelle, scetavajasse, putipù e triccheballacche. Poi fu confusione. Centravanti o interno? Partiamo da De Zerbi – “E’ il mio 9 ideale!” – che poi si complimenta con Spalletti che l’ha voluto e gli ha fatto giocare 33 partite. E gli ha fatto vincere uno scudetto. E dopo? Il genio Garcia lo maltratta subito – solo il dubbio sul ruolo lo terrorizzava – e gli fa giocare 16 brani di partita, come il malcapitato Mazzarri, mentre l’ineffabile Calzona gliene fa fare 15. E Conte? Do i numeri: 9 partite su 16, 273 minuti a spizzichi. Spalletti lo soccorre: “Ha bisogno di giocare”. E’ un Azzurro ma ha fatto il vice di Osimhen, Conte non lo ama ma per bisogno lo fa entrare al posto del titolare Zambo Anguissà. E’ il calcio che va. Ma al 79′, il poverino segna il gol della vittoria. Conte è compiaciuto della scelta, non ama parlare di mercato, aggiorna il ruolo del prezioso bomberino: “Raspadori a centrocampo? Una scelta, ce lo stiamo inventando lì. Ci sto lavorando come interno di centrocampo. Sono contento per Jack, è un ragazzo coinvolto nel progetto, è totalmente a disposizione, così come Neres e Politano”. Sicuramente sbaglio, ma siccome lo seguo fin dai tempi del Sassuolo e lo proteggo gli do un consiglio: se te lo chiedono vai “là”. Meriti di più.

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