ROMA (ITALPRESS) – “Urca” quante candeline da spegnere. Ottanta per la precisione, per il ragioniere che faceva così tanto ridere i colleghi che dapprima preferì i corsi serali di teatro a quelli di economia, e poi il cabaret piuttosto che il ruolo di vice direttore commerciale della Galbusera. Ottanta candeline (5 settembre) per Enrico Beruschi; attore dalla faccia simpatica, dalla barba folta e dalla stempiatura imperante. Basso, con l’inconfondibile accento lombardo e quelle varie tonalità della voce che lo facevano somigliare ad un cartone. Comico ultranoto tra la fine degli anni ’70 e tutto il periodo degli anni ’80; maestro dei tormentoni, fu tra i protagonisti di due programmi cult, pietre miliari della comicità catodica italiana: “No stop” di mamma Rai, e “Drive In” del Biscione. Tutto ha però inizio al Derby, patria della comicità meneghina. E’ il 1977, e quel comico a dir la verità un po’ bruttino ma dai tempi perfetti finisce in Rai. Prima apparizione in “Qua la zampa”. Enzo Trapani, geniale scopritore di talenti lo vuole con sé a “No Stop”, la trasmissione che detta la legge della comicità sul piccolo schermo e che lancia gli artisti più talentuosi di allora. In Rai prosegue con trasmissioni indimenticabili come “La sberla” o “Luna Park”. Ma è l’83 l’anno della svolta, l’approdo alla tv di Berlusconi nella corte di quel genio che di nome fa Antonio e di cognome Ricci. L’autore lo vuole in “Drive In”; nelle edizioni successive non sarà più solo, con Margherita Fumero metterà su alcuni degli sketch più divertenti della trasmissione. “Margheritaaa…”. Strepita il povero marito bistrattato e vittima delle bizzarrie della moglie facendone un nuovo tormentone. Poi, archiviato “Drive in”, passerà al teatro e al cinema. D’altronde delle invasioni sul grande schermo c’erano già state negli anni ’70, anche nel cinema impegnato. Basti pensare a “Oh Serafina” di Lattuada o “Un borghese piccolo piccolo” di Monicelli. Non dirà no alle commedie scollacciate, partecipando alla saga di soldatesse alla visita militare o ai b-movie di improbabili e sgangherati eserciti.
In tv ci tornerà, dividendosi ancora una volta tra Mediaset e Rai: da “Emilio” a “Bellezze al bagno”, da “Camera Cafè” a “Quelli che il calcio”. Senza contare le sue parentesi musicali, con un’incursione sanremese nel 1979 quando si classificherà tra i primi cinque con il brano “Sarà un fiore”. Beruschi è stato un comico mai volgare, che ha basato parte del successo e del suo repertorio sulla sua fisicità. Non un battutista dal tormentone facile, ripetitivo e stancante, ma un attore capace. Un vero e proprio artista, che ha sempre calcato i prosceni dei teatri con disinvoltura, che ha sempre saputo fare ridere senza mai eccedere. E “urca” quanto ha fatto ridere.
(ITALPRESS).
Gli 80 anni di Beruschi, il ragioniere che conquistò Drive in
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