Ho fatto il cronista di nera, so cosa vuol dire raccontare la morte pubblica. Incidenti, delitti, stragi. Ero all’Heysel, ho passato l’esame piu’ crudele mentre Brera, davanti a me, piangeva. Non accettava quell’intromissione barbara nella nostra semplice, sciocca forse ma appassionata partita di pallone fra Juventus e Liverpool. All’improvviso, ecco la morte privata che ridimensiona – almeno per un po’ – la tragedia piu’ grande del nostro tempo che andiamo raccontando: se n’e’ andato Gianni Mura, non vittima del virus ma di un cuore stanco – mi dicono – ed e’ una morte sentita, oserei dire vera, che non appartiene ai telegiornali, ai bollettini della Protezione Civile, alle lugubri sfilate di camion che attraversano Bergamo per recarsi all’ultimo destino di tanti uomini, il cimitero, in un’atmosfera che ti induce a meditare sull’esistenza di un Dio Padre; tanti che non possono godere di un ultimo abbraccio, ne’ di una carezza, di un po’ d’incenso, di un prete benedicente (ne vedo ogni tanto qualcuno, raro, pochi somigliano a frate Cristoforo, ho sentito Francesco parlare di Don Abbondio).
Questo non e’ un coccodrillo, non credo che Gianni gradirebbe banalita’, io posso dire soltanto che se c’e’ uno che merita ogni elogio e’ lui, per la sua straordinaria bravura, e per fortuna non sono parole buone dedicate – come usa – a chi se ne va: Gianni Mura gli elogi li ha avuti da vivo, fin da ragazzo, e non dico solo degli apprezzamenti professionali, che contano fino a un certo punto, ma della stima e dell’amore dei lettori. Ognuno dei quali, in queste ore, fara’ il suo piccolo saluto a Gianni con una preghiera. I followers non contano, ne’ i facitori permanenti di necrologi. C’e’ un posto per lui, in questo diario che ogni tanto cerca polemica o addirittura allegria, perche’ l’ho conosciuto ragazzo quando corremmo insieme un Giro d’Italia sulle macchine della Gazzetta, nel ’69. Quando Merckx prese la bumba. Quando a Terracina crollo’ una tribuna, mori’ un bimbo e volevano che ne scrivessi io, per quella “nera” pregressa. Ecco, con lui nel mio diario spuntano all’improvviso Bruno Raschi il Cardinale, Luigi Gianoli il dannunziano Poeta Soldato, Rino Negri l’enciclopedico, e l’autista Graziani che si prendeva cura di noi come un buon padre o un fratello. Gianni era con la macchina dei piu’ giovani ma poi, la sera, si stava insieme. E tutti parlavano davanti a un buon piatto e tanto vino. Lui no, ascoltava e pensava al giorno dopo. Si nasce cosi’ maestri. Adieu.
GIANNI MURA MERITA OGNI ELOGIO
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