“L’Italia e l’Europa devono studiare la Cina per comprendere le sfide e le opportunita’ che si possono presentare, ma soprattutto per comprendere a fondo il successo sociale ed economico di un paese, grande come un continente anche per popolazione, che ci sembra lontano e che forse ci fa un po’ paura. Un successo che si fonda su cinque pilastri fondamentali: controllo dei dazi; controllo della migrazione; controllo della demografia; controllo del tasso di cambio; controllo dei tassi d’interesse”. Lo afferma Michele Geraci, 50 anni, che da dieci vive in Cina, ex banchiere d’affari della City, economista internazionale, nato a Palermo, dove si e’ laureato in Ingegneria elettronica.
Geraci si definisce un tecnico bi-partisan, ma ultimamente sembra sia molto ascoltato da Matteo Salvini, ma anche da Beppe Grillo, molto attento alla Cina, che nel suo blog ha pubblicato anche l’ultimo intervento sulle ragioni del successo dell’economia cinese e della Cina in generale scritto dal professore siciliano, allievo del Premio Nobel Franco Modigliani al Massachusetts Institute of Technology, dove ha conseguito il master in business administration, e oggi a capo del programma di ricerca sull’economia della Cina del Global Policy Institute di Londra e della Nottingham University di Ningbo in Cina, nonche’ adjuct professor della prestigiosa New York University, a Shanghai.
“Al di la’ del giudizio etico e morale che si puo’ esprimere riguardo questa tipologia di politiche – scrive Geraci – il fatto che la Cina sia riuscita a raggiungere i suoi obiettivi resta una realta’ concreta e a dircelo sono proprio i numeri di un Paese che negli ultimi 40 anni ha visto PIL crescere di quasi il 10% annuo in media, il reddito nominale dei cittadini sia rurali che urbani aumentare di circa 100 volte, l’eradicazione della poverta’ per circa 800 milioni di abitanti, lo sviluppo di infrastrutture e la modernizzazione di un’economia che era stata lasciata in uno stato disastroso dalla rivoluzione culturale degli anni ’60 e ’70. Un miracolo economico che non ha precedenti nella storia dell’umanita’ – ricorda – se si considera che in Cina abitano 1 miliardo 400 milioni di persone”. “Cosa possiamo imparare dalla Cina? Quali sono le politiche economiche e sociali che potrebbero essere attuate anche da noi e portare dei vantaggi? Cosa deve chiedersi il nostro Paese? Aprirsi al liberismo commerciale dettato da una scuola di pensiero che sintetizzo con “Pro Europa, Pro Mercato, Pro Euro” o prendersi una pausa di riflessione e guardare come le economie stataliste hanno raggiunto i loro obiettivi?”, sono le domande che pone il professore Geraci, il quale aggiunge: “Perche’, che si sappia, e’ con loro che si competera’ da oggi in poi, ad armi piu’ o meno pari. Un fatto che e’ emerso chiaramente in questi mesi e’ che soltanto poche forze politiche hanno prestato attenzione ai temi di politica estera in chiave economica ed internazionale, pochi partiti se ne sono occupati. Nel dibattito elettorale, purtroppo, diversi hanno trascurato temi fondamentali come per esempio quale politica estera intende promuovere l’Italia nei confronti dell’India, dell’Asia in generale, ma non si e’ parlato nemmeno dell’Europa e della Germania. E’ bene essere chiari – conclude -: la Cina e di conseguenza le relazioni con la Cina costituiscono la variabile dei prossimi cinque anni di legislatura. E non credo di esagerare se affermo che ci vorrebbe un ministero per i rapporti con la Cina”.
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