ROMA (ITALPRESS) – Enzo Tortora era “una persona che era al massimo della popolarità”, ma anche “un uomo normale e, senza dubbio, un grandissimo professionista, molto colto, che amava il suo lavoro. Non mi sono mai spiegata l’accanimento mediatico che è stato messo in atto quando è stato arrestato: una certa informazione ha contribuito a stroncarlo”. Lo ha detto la vicedirettrice del Tg La7 Gaia Tortora, figlia del giornalista e conduttore televisivo Enzo, intervistata da Claudio Brachino per la rubrica “Primo Piano” dell’agenzia Italpress. Del celebre caso di malagiustizia che ha visto coinvolto il padre, raccontato dal punto di vista di “chi gli era accanto”, ne ha scritto in “Testa alta, e avanti. In cerca di giustizia, storia della mia famiglia” (Mondadori): “È la mia storia, di mia sorella e di mia mamma. Avevo 14 anni” all’epoca dell’arresto “e sono diventata un piccolo soldatino: sono passata da una vita adolescente che giocava con le bambole a Regina Coeli”, ma “la mia famiglia era assolutamente una normale, non c’era nessun privilegio perché eravamo ‘figlie di’. Quando capitano queste cose, poi, si viene scaraventati in pasto a chiunque, chiunque si fa una sua idea, anche indirizzata da chi fa il suo mestiere”, spiega. Il riferimento è a un certo tipo di informazione che ha contribuito a “distruggere un uomo, senza farsi domande etiche che dovrebbero far parte del nostro mestiere. Sarà stata l’invidia? Dopo tanti anni, giuro che non riesco a capire”. Determinante, nel caso Tortora, è stato anche il ruolo della magistratura.
“Per carità, si può anche sbagliare, ma non vedo neanche buonafede. Però se faccio ripetutamente degli errori, di certo non avrò un avanzamento di carriera”. La storia di Enzo Tortora potrebbe essere la storia di tanti italiani. “Ce ne sono tanti di errori giudiziari, anche se in questo caso faccio fatica a chiamarlo così. A forza di parlare di malagiustizia, ho capito che nel caso di papà si è trattato di accanimento. E’ complicato mettere in discussione questo potere: mi aspettavo di più dal ministro Nordio, che aveva un’idea precisa della riforma della giustizia: inizio a chiedermi dove è finita”. Scrivere questo libro, per Gaia Tortora, è stata una terapia. “Credo che sia giusto riflettere anche su cosa accade a chi subisce gli ‘effetti collaterali’. Il dolore è un elemento portante della mia vita, nei vari percorsi di aiuto che ho cercato nella mia vita adulta, l’ho affrontato in modi diversi: all’inizio l’ho semplicemente attraversato, cercato di mantenere la barra dritta. Poi l’ho anestetizzato e infine ho capito dovevo accoglierlo, facendo un immenso lavoro per tirare fuori quella bambina, farla crescere e occuparmene”, sottolinea, raccontando anche “la paura e gli attacchi di panico” di cui ha sofferto da adulta.
“La cosa più difficile è stata parlarne nel libro, non ho mai avuto il coraggio di parlare di questo problema: un po’ per pudore, un po’ perché hai paura di perdere quello che hai raggiunto. La società ci obbliga ad essere performanti e resilienti, ma invece siamo fragili e gli attacchi di panico possono accadere a tutti. La terapia della scrittura mi ha aiutato ad avere coraggio”.
– foto Italpress –
(ITALPRESS).