“Pronto mamma’, nun e’ che te sei dimenticata quarcosa su a tomba de nonno. Apposta che non mi da’ piu’ i nummeri”. Vestaglia di flanella, un’improbabile “impalcatura” per i capelli, cornetta all’orecchio e lo sguardo fisso un po’ nel vuoto e un po’ sulle unghie curate, la sora Cecioni entrava nelle case degli italiani dagli schermi in bianco e nero della Rai dei varieta’, degli Studio Uno, delle trasmissioni firmate da quel gran genio di Antonello Falqui. L’Italia che si accomodava sul divano davanti ad una scatola che trasmetteva un solo canale, rideva per quelle inverosimili storie che quel personaggio femminile dall’accento ciociaro raccontava a “mamma’”. Lei milanese, da tempo aveva inventato una maschera laziale, bissando quel successo che gia’ aveva ottenuto con un’altra figura divenuta mitica: la signorina snob. Franca Valeri, icona della tv del dopoguerra, 100 anni oggi, aveva sdoganato la comicita’ femminile imponendola in un’Italia ancora maschilista, dove il gentil sesso nella tv di Stato era relegata (tranne per rari casi) al corpo di ballo, al massimo esiliata al rango di soubrette. Donna colta, intelligentissima, fine attrice di teatro, padrona del palcoscenico, aveva dimostrato fin da subito il suo genio creativo, sorretto da una cultura sconfinata maturata nei sui continui e prolifici contatti con il mondo intellettuale meneghino e le sue letture impegnate.
Donna di spettacolo, aveva affinato la sua tecnica dapprima nei teatri milanesi e poi nei piccoli club parigini. La sua storia personale era pero’ stata travagliata. Figlia di una madre cattolica e di un padre ebreo, fu risparmiata dalle leggi razziali grazie a un documento falso. Al secolo Franca Maria Norsa, fu convinta dal padre (per nulla persuaso della carriera di attrice e contrario nel vedere il suo cognome sulle locandine) a trovarsi un nome d’arte; scelse Valeri in omaggio del poeta Paul Valery. Un passo decisivo per la sua carriera fu l’incontro dopo la fine della guerra con Alberto Bonucci, Luciano Salce e Vittorio Caprioli (poi divenuto suo marito) con i quali diede vita alla compagnia del Teatro dei Gobbi. Negli anni ’50 l’incontro con la settima arte: il suo primo film fu anche il primo per Federico Fellini, “Luci del varieta’”, co-diretto da Alberto Lattuada. Poi arriveranno le pellicole con Toto’, Sordi, Eduardo De Filippo. Ha lavorato per i piu’ grandi registi italiani: Steno, Emmer, Risi, Comencini, Zampa, Mattoli, Bolognini, Corbucci, l’amico di sempre Salce e il marito Caprioli. Dagli anni ’70 in poi divennero frequenti le sue partecipazioni negli sceneggiati Rai. Ma saranno i varieta’ a darle quella notorieta’ che faranno entrare nell’immaginario popolare le sue maschere, i suoi personaggi: la signorina snob, Cesira la manicure, la sora Cecioni.
Ben presto divenne l’iconica e spassosa star degli show di Mamma Rai firmati da Antonello Falqui come Studio Uno e Sabato sera. Un successo cosi’ dirompente tanto che la Emi le propose di registrare gli sketch su una serie di vinili che andarono a ruba.
Qualche decennio dopo fu scelta da un altro genio, Enzo Trapani, per un’altra trasmissione cult: Due di tutto. Alla tv ha alternato le sue due piu’ grandi passioni: la prosa e la lirica. L’opera ha forse rappresentato il lato meno noto di Franca Valeri, nonostante abbia firmato piu’ di dieci produzioni: da “La traviata” a “La Boheme”, dal “Rigoletto” al “Barbiere di Siviglia”. Negli ultimi 20 anni ha diradato le sue apparizioni, ritagliandosi piccoli ruoli in fiction sia Rai che Mediaset. Ha centellinato le sue partecipazioni a programmi tv dove, da ospite, ha incassato il meritato tributo per una carriera lunghissima e prolifica. E per una vita foriera di emozioni, vissuta nell’arte, e segnata fin dall’infanzia dal dolore e dalla paura. Recentemente, in un’intervista al Corriere, ha riaperto quella ferita con il passato che non sembra essersi ancora rimarginata.
“Papa’ era ebreo. Ricordo quando lesse sul giornale la notizia delle leggi razziali e pianse. Fu il momento piu’ brutto della mia vita”. Nell’intervista non ha fatto mistero di avere voluto vedere i corpi del Duce e della Petacci appesi a testa in giu’ a piazzale Loreto. “Ma io volevo vedere se il Duce era davvero morto. E vuol sapere se ho provato pieta’? No. Nessuna pieta’. Ora e’ comodo giudicare a distanza. Bisogna averle vissute, le cose. E noi avevamo sofferto troppo”. Franca Valeri alla soglia dei 100 anni vive in una casa della campagna romana. Lucida e spiritosa, colta e ironica, non ha perso il suo milanesissimo accento e il suo sguardo sardonico sul mondo. Una vera signora dello spettacolo, tra le piu’ divertenti e intelligenti della sua storia, che come spesso ha affermato, usa l’umorismo per osservare il mondo che la circonda.
(ITALPRESS).
Franca Valeri, 100 anni di arte per la “signorina snob”
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