ROMA (ITALPRESS) – Il mondo della cultura, nonostante i diciotto mesi più difficili che il Paese ricordi dal dopo guerra ad oggi, c’è, conta i danni, ma è pronto a ripartire e ricostruire il proprio futuro. Questa, in estrema sintesi, la fotografia scattata dal 17° Rapporto Annuale Federculture 2021-impresa cultura che non a caso reca come sottotitolo due imperativi: “progettare e ripartire”, presentato questa mattina a Roma presso Palazzo Massimo alla presenza del Ministro della Cultura Dario Franceschini. Lo scenario del 2020 è veramente quello dell'”annus horribilis” che già dodici mesi fa si paventava. Gli indicatori sono tutti negativi: la spesa delle famiglie italiane per cultura e ricreazione crolla a 56 miliardi di euro complessivi (era di oltre 73 miliardi nel 2019), un valore che riporta al 2000, vent’anni fa, quando la stessa voce era appunto di uguale entità. A livello di spesa media mensile il calo registrato è del 26%, la voce di spesa per ricreazione, spettacoli e cultura passa da 127 a 93 euro al mese, con le sotto voci pacchetti vacanza e servizi ricreativi e culturali che perdono rispettivamente il 56,8% e il 37,3%. Non sorprende che siano negativi anche tutti gli indicatori relativi alla partecipazione e fruizione culturale dei cittadini in tutti gli ambiti con diminuzioni a due cifre: tra le più alte i concerti e il teatro -23%, i musei -14%. A queste si sommano le “assenze” di turisti che penalizzano in particolar modo la fruizione museale: i siti statali segnano un -75,6%. Il turismo stesso del resto vede una perdita di 27 miliardi (-61%) in termini di spesa dei turisti stranieri, i cui arrivi scendono da 65 a 16 milioni segnando un -74%. Un quadro netto che Federculture ha voluto approfondire sondando, per il secondo anno consecutivo, gli enti e le imprese della cultura attraverso un’indagine sul campo mirata a far emergere gli impatti della crisi, ma anche le aspettative e le prospettive per la ripresa. I risultati parlano chiaro. La crisi ha colpito e duramente: il 62% delle imprese dichiara impatti sul proprio bilancio fino al 60%, per il 12% l’impatto è anche superiore a questa soglia, con conseguenti ripercussioni anche sull’organizzazione del lavoro, circa il 70% ha fatto ricorso a Cig o Fis, e sulle attività largamente riconvertite al digitale per mantenere la vicinanza almeno virtuale con il pubblico tenuto lontano da chiusure e restrizioni (il 41% dei rispondenti ha avuto una riduzione del pubblico fino al 50%, il 37% tra il 50 e il 75% e il 21% oltre il 75%). Ma gli enti e le aziende culturali riconoscono anche che sono state attuate misure di sostegno al settore e contrasto alla crisi: vi ha fatto ricorso la totalità delle grandi imprese e più dell’80% sia di imprese medio-piccole che medio-grandi. Tra le imprese di piccole dimensioni, il 67% ha beneficiato dei sostegni. E il giudizio sugli stessi è in buona misura positivo: il 54% ha ritenute le misure adeguate seppure rivolte solo a fronteggiare l’emergenza, mentre poco più del 7% le valuta adeguate ma con criteri e procedure di accesso complesse. Il 12% dei rispondenti le considera sufficienti e il 26% insufficienti. Il mondo della cultura, dunque, è pronto e già in fase di ripartenza, ma auspica una nuova fase di azioni decise e certe per favorire la ripresa e migliorare il futuro del settore: più del 70% dei rispondenti ritiene sarebbe opportuno rendere detraibili per i cittadini le spese per i consumi culturali; oltre la metà pensa si dovrebbe estendere la possibilità di utilizzo dell’Art bonus ed investire in formazione, professionalità e competenze, ma sono considerati prioritari anche gli investimenti in innovazione tecnologica e produzione digitale e il rafforzamento di reti di collaborazione territoriale e settoriale. “Il 2020 e, possiamo dire oggi, anche larga parte del 2021 sono stati anni terribili per il mondo della cultura, per tutto il Paese e per tutti noi – ha commentato Andrea Cancellato, presidente di Federculture – La crisi, i suoi effetti, le politiche di rilancio, ci hanno fatto capire che non è più tempo di piccoli passi ma di decisi movimenti e iniziative innovative per la promozione della partecipazione culturale”. “Uno fra questi – ha aggiunto Cancellato – è quello della leva fiscale, da utilizzare in più direzioni: verso il consumo culturale che deve poter essere reso detraibile, e verso una nuova grande committenza pubblica nei confronti delle arti contemporanee, utilizzando in modo innovativo la legge del 2% sulle Opere Pubbliche, da tempo disattesa e per la ripresa della quale molto presto presenteremo una proposta articolata proprio in vista dei grandi investimenti pubblici in campo infrastrutturale previsti dal Recovery Plan”. “Ma ci sono molti altri nodi che devono essere definitivamente sciolti – ha spiegato Cancellato – come il completamento della Riforma del Terzo Settore, soprattutto nella parte fiscale, e l’avvio dell’operatività delle normative e provvidenze a sostegno delle imprese creative e culturali; il tema della ‘governance’ e della managerialità della gestione della cultura, quello del ‘contratto unico per i lavoratori della cultura’. Abbiamo immaginato la cultura come nuovo ‘welfare’ del Pese. Non sarà un’impresa facile ma riguarda tutti. Il nostro impegno sarà totale”.
(ITALPRESS).