Papa Francesco ha affermato nel corso della sua visita presso il Santuario di Loreto che la famiglia uomo-donna è insostituibile. Sottolineatura che sembrerebbe scontata, ma così non sembra per quello che avviene intorno a noi. Da qualche tempo a questa parte non c’è film, fiction, racconto, giornale, settimanale o mensile di costume e cultura che non si riferisca a situazioni di segno opposto. Sia chiaro, questa constatazione non vuole indicare ostilità o ripudio verso esperienze di convivenza non tradizionali, ma solo l’esigenza di precisare che, seppure vanno sostenute e rispettate tutte le forme di convivenza e di solidarietà tra persone che fondano il rapporto su amore reciproco, fondato su solidarietà e stima, il rapporto tra uomo e donna è quello naturale: una forma di rapporto congeniale alla necessità di tramandare e custodire la vita. Credo sia importante riaffermare questa verità, in congiunture di forti cambiamenti epocali, e dunque anche di possibili confusioni, facili da subire negli assestamenti dei modelli di vita, nell’incontro fecondo tra quelli esistenti, e quelli che volgono verso il nuovo. Queste affermazioni certamente possono essere sostenute indifferentemente, sia da credenti sia da coloro che non lo sono.
Infatti, ad esempio, non ho mai compreso alcune posizioni ecologiste, talvolta radicali, che mostrano preoccupazione per la salvaguardia della natura del creato in generale, ma trascurano i presupposti cardine della vita umana, nella cura della sua continuità, e nel privilegio da assegnargli nello sviluppo ordinato della sua soggettività e personalità. Chi ha a cuore le sorti future della terra non può che preoccuparsi di due pilastri, i piu fondamentali per la sua esistenza: la prosecuzione e stabilità dei cicli demografici; il lavoro per le persone, inteso non solo come occasione per il proprio sostentamento, ma come vocazione al servizio del funzionamento del proprio contesto comunitario; che è dunque sostegno al funzionamento del creato. Ambedue i pilastri sono svalutati: dalla relatività che ormai si assegna al ruolo della famiglia nel suo assetto naturale, al lavoro mortificato dalle teorie imperanti sulla sua inutilità, a fronte della invasiva e necessaria robotizzazione e digitalizzazione. Le autorità pubbliche si pongono solo obiettivi di sussidi come risarcimento, ma non quello della attività delle persone come funzione essenziale per la loro personalità e dignità, come attività di grande spiritualità. Sottrarre la persona dell’unico scopo della sua esistenza, il lavoro, mina le fondamento della sua personalità e dignità, sgretola il fondamento su cui poggia la vita; dunque il motore che sviluppa il mondo, si arresterebbe. Si è ancora lontani dal ritenere che lo sviluppo, creerà comunque è sempre, le premesse per dirigersi verso nuovi spazi per l’occupazione. La possibilità di raggiungere tali obiettivi sta nel accelerare il passaggio dai vecchi lavori ai nuovi attraverso dosi massiccie di istruzione e formazione, che dovrebbero essere le esclusive azioni che le autorità pubbliche dovrebbero considerare.
Raffaele Bonanni