ROMA (ITALPRESS) – Garantire la personalizzazione della cura, assicurando l’accesso alle terapie e fronteggiando la carenza del personale medico dedicato. E’ questa la richiesta di Cristina Cassone, presidente di FedEmo, Federazione delle Associazioni Emofilici. “Abbiamo bisogno di tutti i farmaci attualmente disponibili”, spiega Cassone all’Italpress. “Solo il medico – aggiunge – conosce la storia clinica di ogni paziente ed è l’unico deputato a scegliere la terapia adeguata al singolo. Questo è un principio che per noi è indeclinabile e va tutelato il più possibile”. Per la presidente di FedEmo, è necessario “garantire una personalizzazione della cura” ed “evitare una dichiarazione di un principio di equivalenza terapeutica che in emofilia non esiste”.
Oggi le terapie hanno compiuto importanti passi in avanti. Per esempio, i nuovi farmaci ad azione prolungata permettono di ridurre le infusioni contribuendo a migliorare la qualità della vita del paziente.
“Tutti i nuovi farmaci che apportano novità nella qualità della vita del paziente non possono che essere accolti col massimo entusiasmo da parte della nostra comunità e di tutti pazienti. Avere a disposizione nuovi farmaci che ci consentono di vivere meglio, avere maggiore protezione, sicurezza e maggiore intervallo tra un’infusione e l’altra non può che rappresentare un beneficio nella quotidianità di ogni paziente emofilico, consente di lavorare meglio, di vivere più serenamente, di avere una vita sociale sicuramente più adeguata rispetto a quelle che sono le attuali condizioni. FedEmo lavora molto sul tema del diritto ad accedere a tutte le cure attualmente disponibili e a quelle nuove che verranno”.
Non sempre, però, c’è una disponibilità equa dei farmaci nelle regioni italiane, che presentano differenze. Come si può risolvere questo problema?
“Ci spendiamo molto sui tavoli istituzionali affinchè venga garantita l’equità nell’accesso. Purtroppo le politiche regionali sono singole e differenti. Le associazioni locali, alle quali ci proponiamo sempre di portare un supporto, devono essere sul territorio regionale a far presente le novità terapeutiche. Magari arrivasse finalmente un protocollo che prevedesse e standardizzare la presenza dei pazienti all’interno dei tavoli regionali nelle fasi preliminari di attivazione dei bandi o dei prontuari che riguardano i farmaci che poi vengono prescritti. La presenza del paziente sarebbe un valore aggiunto, non tecnico, non clinico, ma portatore di un bagaglio di esperienza personale che potrebbe essere utile”.
Ritiene, quindi, che la frammentazione della sanità nelle Regioni possa essere un problema?
“Sicuramente lo rappresenta perchè attualmente ci sono differenze tra le regioni: nelle politiche, nel modo di allestire i bandi di gara, nelle modalità di assistenza. Come in tutte le patologie, anche nella nostra esistono carenze nella presenza di personale medico dedicato e quindi ci sono diverse lacune che vanno sicuramente colmate e dipendono purtroppo dalla capacità delle singole regioni di portare avanti politiche regionali anche a supporto della nostra patologia. Noi siamo sempre vigili e presenti ma nei prossimi anni, purtroppo, molte luci si spegneranno. Il nostro compito è invece quello di mantenere sempre vigile l’attenzione”.
Cosa intende per “molte luci si spegneranno”?
“Non abbiamo nuovi medici che si occupano dell’emofilia. Molti sono prossimi al pensionamento, la nostra preoccupazione è questa. C’è una carenza di personale medico, come lamenta tutto il sistema sanitario. Nello specifico noi, da qui a pochi anni, avremo una carenza di personale dedicato nei centri emofilia”.
(ITALPRESS).