S’ode a destra uno squillo di tromba – “Niente processi alla Nazionale!” – a sinistra risponde uno squillo – “Giù le mani da Prandelli!”: e se così fosse potremmo archiviare penne, computer. E cervelli. Processi forse no, ma analisi critiche serie e libere dopo l’umiliante resa davanti al Costarica sì, verrei meno a un impegno antico e ineluttabile; esame a Prandelli sicuro, per evitare che – come accade da sempre nell’armata storia di questo Paese – a pagare siano sempre i soldati, mai i generali; e per lealtà nei confronti di antiche “vittime”, da Fabbri a Valcareggi, da Bearzot a Sacchi, a Maldini, a Trapattoni, a Lippi. Ogni ct, nel tempo, ha avuto la sua Corea, vale a dire un incidente di percorso con una squadra-materasso fattasi incubo; Prandelli ha pagato con il Costarica il conto a una protagonista quasi inedita del Mondiale, vincente non per forza del destino ma per qualità: un motivo in più per riflettere e ammettere, senza vittimismo né iattanza, di aver ricevuto una lezione di calcio. I piani grafici a volte servono per capire “prima” quel che può succedere “dopo”: le tattiche prevedevano una partita fin troppo prudente, schierati loro con una difesa “a cinque”, noi con un superblocco prudente esteso fino al centrocampo, con Balotelli lasciato solo a cogliere margherite, fidandosi di un Abate a far stantuffo sulla destra e nella conferma di un Candreva formato Inghilterra per i rifornimenti al Balo solitario; a sinistra, il migliore in campo – Darmian – senza un terminale offensivo capace di tener desta l’attenzione degli avversari su due fronti, si chiamasse Insigne o Immobile, soprattutto Immobile, già eccellente in campionato e senza paura del campo mondiale, dove aveva già messo piede nella prima partita. Ma la grafica è stata immediatamente tradita dalla fantasia di Jorge Pinto che ha esibito un blocco difensivo bifronte, mobilissimo, intercambiabile con una linea offensiva tornante, sicchè vedevi ovunque il temibile Campbell; l’Italia, al contrario, è rimasta quella schierata sulla carta con un “nove-uno” degno di un avversario terrificante, non del Costarica. Motivo? Paura: e i Ticos lo hanno capito; stanchezza sì, ma mentale; e lasciamo perdere l’ambiente, il clima: i nostri più pericolosi avversari giocano in gran parte in Scandinavia, Ruiz e Campbell in Olanda e in Grecia: il caldo, l’afa, la sete sono uguali per tutti. Prandelli ha espresso delusione per il fallimento dei rinforzi Cassano, Insigne e Cerci: a me ne sarebbe bastato uno, e Bonucci riportato nella difesa a far da spalla a un Chiellini orfano del gemello juventino; il tentativo di passare dal 9-1 al 4-4-2 e addirittura al 4-2-4 con l’uscita di Marchetti ha avuto il successo di un trapianto effettuato su un corpo inanimato: la squadra sbagliata lo ha rigettato, perché nel frattempo s’era fuso anche il motore centrale, Pirlo, e anche il protettore d’emergenza, De Rossi. Un arbitro inefficiente ci ha prima graziato – rigore su Campbell – e infine punito quando Balotelli nell’ultimo assalto è stato atterrato senza pietà. Con una formazione tanto sbagliata e così duramente punita (e per fortuna in un lampo di genialità e modestia abbiamo difeso lo 0-1) non ci sono istruzioni d’emergenza da dare se non consigliando il ritorno all’antico, con Bonucci al posto di Paletta e Verratti al posto di Motta, l’Oggetto Misterioso che già fallì clamorosamente all’Europeo. Con il recupero, ovviamente, dell’intelligenza e dell’intensità perdute, per non dire delle energie – come predica fra’Cassano: Cavani e Suarez ci aspettano e dobbiamo affrontarli con coraggio, non con il nove-uno della paura.
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