di Raffaele Bonanni
ROMA (ITALPRESS) – Il mondo sta cambiando, e paradossalmente – o forse inevitabilmente – lo si deve anche a Donald J. Trump. Qualcuno, di fronte alla tempesta politica ed economica che l’ex tycoon americano sta suscitando, storcerebbe il naso, paventando scenari cupi.
Ma sarebbe un errore considerare questa torsione geopolitica come una pura sciagura: se ben osservata, essa dischiude un’opportunità insperata. Giacché l’Occidente versava già in una condizione di difficoltà sistemica, non è detto che un trauma esterno non possa rivelarsi l’occasione per risanare, riorganizzare, rinnovare. Se la realtà internazionale viene riconfigurata con lucidità e coraggio, gli stessi dazi imposti dall’America potrebbero rivelarsi un pungolo salutare: spingerebbero l’Europa a superare le proprie inerzie, a compattarsi, a trovare un nuovo baricentro strategico.
La storia insegna che i grandi cambiamenti, per quanto generino turbamenti, possono anche assorbire e neutralizzare gli effetti più deteriori della debolezza umana, restituendo coesione e visione dove prima regnavano disordine e rassegnazione. Gli europei, di fronte a questo frangente, dovranno resistere alla tentazione del particolarismo: non si può rispondere a una sfida planetaria con diplomazie provinciali.
Se ogni Stato-membro dovesse trattare isolatamente con Washington, cederebbe il fianco a una strategia americana perfettamente consapevole del proprio potere divisivo. Eppure, proprio l’Unione europea, con i suoi 500 milioni di consumatori e la sua capacità produttiva ineguagliata in termini di qualità, resta il mercato più appetibile del globo. Un gigante commerciale che può – se solo lo vuole – giocare ad armi pari.
Trump, al netto della sua retorica muscolare, dovrà tener conto di almeno due verità: l’Europa può rispondere colpo su colpo alle misure protezionistiche, e può intessere nuove alleanze con partner desiderosi di accedere a un mercato dinamico, civile, regolato.
È dunque tempo che l’Europa si candidi, senza timidezze, al ruolo di nuova paladina del libero scambio. Non solo contrastando i dazi, ma promuovendo un ordine economico equo, moderno, capace di disciplinare i colossi tecnologici che oggi si muovono nell’ombra normativa, pagando imposte irrisorie, raccogliendo dati in modo opaco e drenando ricchezza senza restituirne. È in atto una doppia guerra: una guerreggiata, tragicamente concreta; e una commerciale, meno cruenta ma non meno decisiva. In entrambi i casi, l’Europa si gioca la propria indipendenza politica ed economica, la sua vocazione al mercato sociale, il suo ruolo di custode delle libertà civili.
In questo quadro, i sovranisti – spesso abbracciati dai “pacifinti” di maniera – si rivelano più freno che spinta. Nutriti da nostalgie autoritarie e oggi anche blanditi da Trump, rappresentano un ostacolo alle risposte rapide ed efficaci di cui il continente ha disperato bisogno. È tempo di scelte straordinarie. Chi ha a cuore la propria comunità deve smettere di cullarsi in ambiguità o comode illusioni. Non basta dichiararsi europeisti: occorre agire da tali. E soprattutto, è giunta l’ora che anche chi predica bene e razzola male cambi rotta. Perché quando la storia chiama, solo chi risponde con dignità e coraggio può dirsi davvero all’altezza del proprio tempo.
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