“In termini generali e relativi agli effetti economici, dobbiamo osservare che le misure fiscali contenute nel decreto cura Italia e nel successivo decreto ‘liquidità’ risultano assolutamente inadeguate. Si rileva una continuità negativa dei due decreti; infatti gli appelli lanciati per l’adozione di provvedimenti più incisivi ed idonei a fronteggiare sotto tale profilo la epocale emergenza sanitaria non sono stati raccolti”. Ad affermarlo Angelo Cuva, tesoriere Uncat e docente Diritto tributario Unipa, nel corso del seminario “Le disposizioni fiscali del decreto cura Italia. Prime interpretazioni”, organizzato dalle Camera degli Avvocati Tributaristi di Agrigento, Catania e Palermo con il patrocinio dell’Uncat e dell’Unione Ordini forensi della Sicilia. “Sembra che non si voglia comprendere che i disastrosi effetti economici della pandemia debbano essere comparati non tanto a quelli dei più recenti sismi ma a quelli degli eventi bellici che hanno devastato l’intera nazione”, aggiunge Cuva durante la videoconferenza sulla piattaforma Zoom aperta dai saluti di Antonio Damascelli, presidente Uncat.
“Per tale ragione – evidenzia Cuva – il blocco generalizzato delle attività economiche non può essere affrontato con anodine sospensioni di due mesi degli obblighi tributari (con la ripresa a giugno dei pagamenti), tra l’altro non riferite a tutte le scadenze fiscali e a tutti i soggetti passivi, ma necessita, come già evidenziato, di una generale sospensione degli adempimenti tributari che copra un periodo molto più lungo (almeno sei mesi, ulteriormente prorogabili) e di una, eventuale successiva riduzione (e rateizzazione) dei tributi sospesi, che consenta alle attività produttive – sostenute da strumenti di finanziamento straordinari – di rimanere in vita e riprendere solo successivamente a contribuire alle spese pubbliche sulla base di una ricostituita capacità contributiva attualmente insistente e, in ogni caso, fortemente compromessa”. “Per quanto attiene poi alla tecnica normativa – sottolinea Cuva – dobbiamo poi rilevare che le disposizioni fiscali appaiono poco chiare, asistematiche determinando di conseguenza notevoli problemi interpretativi ed applicativi; siamo ancora una volta in presenza di una ipernomia legislativa, una legislazione a getto continuo che appare particolarmente inadeguata in un periodo emergenziale nel quale, invece, sono necessarie norme chiare, puntuali e di facile interpretazione e non foriere di perplessità”.
Per Daniele Vitello (Cat Agrigento) “anche in tempi di emergenza il legislatore dimentica i diritti del contribuente tant’è che la normativa emergenziale non gli riconosce alcuna sospensione per l’esercizio dei propri diritti in fase amministrativa; di contro il legislatore si è preoccupato e premurato di sospendere tutti i termini delle attività degli uffici degli enti impositori, sia amministrativi che processuali. È manifesta una incomprensibile disparità di trattamento”. La relazione di Giuseppe Sapienza (Cat Catania) si è incentrata “sull’attuale sostanziale blocco della giustizia tributaria a seguito dell’emergenza sanitaria, destinato a protrarsi a lungo, con consequenziale grave pregiudizio alla tutela del diritto di difesa dei contribuenti, ove il Ministero delle finanze non emetta le necessarie disposizioni regolamentari attuative per lo svolgimento delle udienze in videoconferenza nel pieno contraddittorio delle parti, fornendo alle Commissioni tributarie gli strumenti tecnologici idonei”.
Secondo Giuseppe Giamportone (Cat Palermo) “emerge la scarsa attenzione che il legislatore ha mostrato nei confronti della giustizia tributaria, la quale viene considerata soltanto in una disposizione dell’articolato normativo, accostandola alla magistratura militare. Come se la giustizia tributaria non impegnasse circa il 50% del contenzioso pendente presso la Corte di Cassazione e non interessasse, in termini economici, un giro di miliardi considerevole. Ancora una volta – conclude – la giustizia tributaria viene relegata ad un ruolo ancillare nel sistema giudiziario italiano e il legislatore mostra di non comprenderne appieno l’importanza centrale che assume nei rapporti tra fisco e contribuente”.
(ITALPRESS).