Quando Cristiano Ronaldo è arrivato in Italia dal Real Madrid per indossare la maglia della Juventus ho ricordato un altro arrivo, meno trionfale dal punto di vista esteriore ma altrettanto importante per quello che significava tecnicamente : parlo di Diego Armando Maradona. Anche lui – argentino – veniva dalla Spagna, da quel Barcellona non ancora ai vertici del calcio mondiale, e fu presentato ai tifosi napoletani, accorsi in ottantamila allo stadio San Paolo, il 5 luglio 1984. Cristiano ha subito promesso di battersi per la conquista della Champions, trofeo che la Juve insegue inutilmente da 22 anni. Diego allora dedicò se stesso ai "ragazzi poveri di Napoli, com'ero io a Buenos Aires". Un borghese, Cristiano, e un emarginato, Diego: due campionissimi che ho messo insieme perché vittime di storie extracalcistiche che li hanno colpiti come persone. Mettendo a rischio la loro attività e l'immensa popolarità anche se questa era manifestata per Diego da un popolo innamorato (in Italia e nel mondo) che lo seguiva negli stadi, mentre Cristiano è un idolo dei Social con decine di milioni di followers. Fra due epoche ben distinte quel che non cambia è lo Scandalo. I cui contenuti sono simili – amori avventurosi – escludendo per Cristiano ciò che distrusse Diego, la droga, mentre un suo rapporto extraconiugale con la nascita di un figlio ha avuto un finale dignitoso e patetico insieme dopo trent'anni con il riconoscimento di Diego jr.
Ecco il punto, raggiunto faticosamente per non cadere in sensazionalismo o facile moralismo: due grandi campioni osannati in pubblico con un privato che improvvisamente irrompe sulla scena assecondando un movimento socioculturale in difesa della donna divulgato da denunce e arresti clamorosi e da una sigla, #metoo, che intimorisce numerosi impuniti conquistatori. Maradona non ha paura: ha pagato di persona e non di moneta. Ronaldo è in mano a armatissimi avvocati e a una giustizia, quella americana, fortemente influenzata dalla ribellione delle donne. Un giorno scrissi a Diego – era un amico – che mi addoloravano le sue compagnie, quel mondo equivoco che nasce all'improvviso intorno ai campioni del calcio in particolare, gli dissi che sarebbe finito come Pinocchio col Gatto e la Volpe: così fu, ma riuscì a rinascere. Cristiano, miliardario altoborghese in favore del quale s'è mosso anche il premier del Portogallo, s'è creduto in una botte di ferro circondato com'era di rinomati e costosissimi legulei. Ha creduto che gli avvocati e il denaro potessero preservarlo dalle speculazioni spesso partorite da colpevoli accordi "segreti" che prima o poi finiscono in prima pagina. Umanamente è possibile – se non giusto – augurargli di uscire senza troppi danni da questa vicenda, anche se per uno che ha eletto a sua divinità l'Immagine un conto da pagare ci sarà. Stupisce, tornando sul campo meramente sportivo, che un club importante e potente come la Juventus, non abbia controllato quel che da mesi già girava intorno a Cristiano Ronaldo, ovvero lo scandalo di Las Vegas rivelato da "Der Spiegel" e "Sport Ilustrated". Il ricorso a famosi avvocati da "Law & Order" porta spesso a vittorie di Pirro.