Nei prossimi anni il rapido invecchiamento della popolazione eserciterà pressioni molto significative sulla spesa pubblica di tutti i paesi europei, inclusa l’Italia. È l’allarme lanciato dal Rapporto 2018 sul coordinamento della finanza pubblica della Corte dei Conti, presentato oggi a Montecitorio, che aggiunge come in futuro il bilancio pubblico sarà fortemente condizionato dall’invecchiamento della popolazione e dalle modifiche della struttura demografica. È un fenomeno i cui tratti essenziali sono noti da tempo, ma che, stando a nuove stime prodotte nelle sedi preposte, potrebbe avere effetti sulla spesa per la protezione sociale (previdenza, assistenza e sanità) più acuti di quanto finora atteso. Secondo la Corte il triennio 2018-2020 si presenta come un’eccezionale finestra, dal punto di vista delle opportunità offerte dal contesto macroeconomico alla riduzione del debito: il congiunto operare della ripresa dell’inflazione e del permanere del costo medio del debito su livelli particolarmente bassi, dovrebbe garantire, diversamente dal passato, un differenziale favorevole tra crescita economica e costo del debito (0,2 in media nel triennio).
Di questa situazione si dovrebbe approfittare per rendere più spedito il processo di riduzione del rapporto debito/Pil. Parlando del sistema previdenziale, i giudici contabili sottolineano come sia essenziale preservare i miglioramenti di fondo che il sistema ha realizzato in questi decenni. Ogni elemento di possibile flessibilizzazione dell’attuale assetto dovrebbe contemplare compensazioni in brado di salvaguardare la sostenibilità finanziaria di lungo periodo, è cruciale non creare debito pensionistico aggiuntivo. Sulla Legge Fornero la Corte fa notare come l’insieme delle evidenze di cui oggi si dispone, soprattutto quelle in materia di proiezioni della spesa nel lungo periodo, spinge a ritenere che sono stretti, se non del tutto esauriti, gli spazi per ulteriori attenuazioni degli effetti correttivi, a meno di un ripensamento complessivo del sistema. Sul versante fiscale, la Corte sottolinea come nel confronto europeo l’Italia si colloca tra i paesi che meno hanno inciso sulle entrate per risanare il bilancio pubblico: l’aumento della pressione fiscale tra il 2007 e il 2017 è stato modesto se confrontato con la media dell’area, pari a meno di un punto di Pil, e si è concentrato soprattutto nella prima metà del decennio, come conseguenza dell’insorgere della crisi del debito.
L’auspicio, poi, è quello di attuare una riforma strutturale del sistema fiscale, abbandonando la logica degli aggiustamenti a margine. La mancanza di reddito alti a cui chiedere un maggior contributo a fini redistributivo e i limiti endogeni ed esogeni alla manovra verso l’alto delle aliquote spingono a rimettere in discussione la scelta di circoscrivere la base imponibile e la progressività ai soli redditi da lavoro. La Corte dei Conti suggerisce, infine, una revisione della spesa orientata verso una maggiore efficienza nella gestione delle risorse pubbliche, anche attraverso uno screening della qualità dei servizi resi e una più penetrante capacità di misurazione dei risultati raggiunti dai diversi programmi. Ma richiede anche che vengano adottate scelte selettive, in assenza delle quali vi è il rischio di un graduale spostamento verso la spesa a carico dei cittadini.