“Per l’attuazione dell’integrazione scolastica degli alunni diversamente abili il Miur ha utilizzato, nel tempo, almeno quattro canali: a) la linea di finanziamento attivata nell’ambito della l. n. 104/1992; b) le assegnazioni dirette alle istituzioni scolastiche attraverso il Fondo per l’offerta formativa di cui alla l. n. 440/1997. Questa modalità sembra aver prevalso sulla prima seppur in ragione di offrire una maggiore celerità nel trasferimento delle risorse sul territorio; c) l’utilizzo episodico di altre risorse derivanti da specifiche norme di legge, ad esempio sui deficit sensoriali, sui Dsa e sui Bes; d) le risorse derivanti dai fondi comunitari”. Lo evidenzia la Corte dei Conti in una relazione.
“Sotto il profilo dell’organizzazione, l’obiettivo principale del legislatore era quello di attivare tutti gli strumenti e le risorse presenti nella comunità, accostando il sistema di istruzione ai bisogni del singolo (dimensione locale e di relazione). Tuttavia, la coesistenza di enti e soggetti (scuola, enti locali e servizi sanitari) con responsabilità, interesse e organizzazioni diverse ha mostrato la farraginosità dell’impianto, con la genericità delle intese ed un’estrema frammentarietà degli interventi – sottolinea la Corte dei Conti -. Si manifestano, inoltre, carenze in tema di dati e relativi indicatori sulla qualità dell’istruzione e dell’inclusione degli studenti con disabilità nella scuola e nelle classi ordinarie; ausilio di interpreti della lingua dei segni per bambini sordi che ne fanno richiesta e di materiale didattico e di tecnologie di ausilio non sempre a disposizione dei legittimi destinatari”.