di Raffaele Bonanni
ROMA (ITALPRESS) – Non è certo usuale che Donald Trump ritorni alla presidenza degli Stati Uniti dopo il mandato di Joe Biden, esponente del Partito Democratico, che ha governato negli ultimi quattro anni. Un simile scenario indica che l’insieme delle dinamiche interne agli Stati Uniti e il contesto internazionale hanno influito significativamente sul successo del tycoon. Negli Stati Uniti, i suoi consensi sono cresciuti tra i lavoratori e la classe media delle aree urbane, che una volta erano saldamente nelle mani dei democratici, e ha visto un’espansione dei voti anche nelle aree rurali, tradizionali feudi repubblicani. Già dalla prima elezione si era notato uno spostamento, che ora si conferma con consensi ancora più ampi tra i lavoratori, a cui si è aggiunto anche il ceto medio. Questo cambiamento clamoroso è dovuto a diversi fattori. L’inflazione, infatti, è notevolmente aumentata, con i ceti meno abbienti che ne pagano il prezzo più alto. I salari sono erosi dall’aumento dei prezzi, mentre l’accesso al credito per le famiglie è reso più difficile dai tassi di interesse elevati. La contrazione dei consumi interni, a sua volta, ha avuto effetti negativi sull’economia. Ed è proprio per questo che questi ceti hanno cambiato orientamento, percependo i democratici come lontani dalle loro preoccupazioni, ormai concentrati sul mantenimento di uno status quo che favorisce soprattutto i ceti agiati e le grandi aziende tecnologiche.
Potrà sembrare paradossale che un miliardario come Trump, sostenuto dal super miliardario Elon Musk e dal potente Jeff Bezos, riceva il consenso di queste categorie, ma il risentimento per il tradimento percepito è un sentimento forte. A ciò si aggiunge la difesa delle libertà individuali, che Trump ha sempre promesso di tutelare, contrariamente a un potere politico e sociale che sembra sempre più in declino. L’affermazione dei repubblicani al Senato e l’elezione presidenziale potrebbero portare a importanti cambiamenti nella politica interna ed estera, ma non è il caso di aspettarsi sconvolgimenti clamorosi. Non bisogna dimenticare che negli Stati Uniti, a differenza di quanto avviene in altri Paesi, il potere esecutivo deve convivere con altri poteri statali autorevoli e autonomi, come è tipico di una vera Repubblica. Di conseguenza, è improbabile che ci siano stravolgimenti radicali. Piuttosto, è prevedibile che ci sarà un maggiore rigore nelle politiche immigratorie, una spinta per ridurre la spesa pubblica e politiche fiscali che favoriscano le imprese e le persone fisiche, mirando a una riallocazione della produzione all’interno del Paese.
I rapporti commerciali saranno riorganizzati per raggiungere un pareggio negli scambi internazionali, anche attraverso l’uso di dazi doganali, e ci sarà un riordino delle alleanze nei vari scenari geopolitici globali. In merito ai rapporti con l’Europa, è noto il punto di vista degli americani, e Trump è ancor più drastico al riguardo. Gli Stati Uniti ritengono che il bilancio commerciale sia troppo favorevole all’Europa e non sono più disposti a farsi carico dei costi della sicurezza, principalmente quelli legati alla NATO. Pretendono amicizia, ma senza gli obblighi che ne derivano. Può sembrare che gli Stati Uniti siano troppo puntigliosi, ma a mio parere gli europei non sempre sembrano aver compreso appieno come funziona il mondo oggi.
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