Un viaggio nel cuore della scienza. La natura dell’impresa scientifica, con riferimento solo alla buona scienza, è sempre il risultato di una integrazione di osservazione e ingerenza, superando la tradizione plurisecolare che si limitava a citare testi classici latini e greci.
La scienza continua dunque ad essere, all’inizio del terzo millennio dell’era cristiana e all’interno di società che si dicono liberali, un’avventura intellettuale che suscita timori e inquietudini, perché mette in gioco, anche quando i ricercatori non ne sono pienamente consapevoli, fedi religiose, credenze consolidate e abitudini di vita; si scontra o si incontra con interessi diffusi e potenti, varca limiti oltre i quali si prospetta un radicale cambiamento non solo delle nostre concezioni morali ma della stessa natura umana, come è stata tradizionalmente intesa da religioni e filosofie.
L’interscambio tra pensiero filosofico e scientifico è potente. Anche nel mondo contemporaneo le grandi conquiste di matematica, fisica, biologia hanno determinato vere e proprie svolte di tutta la cultura.
Da migliaia di anni l’uomo tenta di comprendere il cervello. Gli antichi greci, compreso Aristotele, lo ritenevano una specie di radiatore per raffreddare il sangue. Ippocrate considera quest’organo una ghiandola friabile e spugnosa, destinata ad assorbire gli umori superflui del corpo. Per Erasistrato l’encefalo dà origine allo pneuma, allo spirito animale. Galeno lo fece assurgere a “principe dei visceri”, sede dell’egemonico e dello spirito vitale, contro le teorie cardiocentriche. Avicenna vi localizza la sede elettiva delle passioni. Fu comunque Vesalio a rilevare che prima della terza decade del XVI secolo non esisteva alcuna nozione del cervello desunta dalla dissezione o dall’osservazione anatomica. Cartesio vede nel cervello una macchina che dipende da un’anima immateriale. Dal secolo scorso a oggi – in relazione alle evoluzioni tecnologiche – è stato via via equiparato a un centralino telefonico o a un supercomputer. Le nuove tecniche diagnostiche aprono nuovi sentieri che destano quasi timore reverenziale.
Siamo all’inizio di un nuovo Rinascimento. Questa affermazione viene ripetuta da numerosi esponenti della comunità scientifica, specie nel campo delle neuroscienze. Il neuroscienziato sembra quasi elevarsi al grado di teologo.
Dopo la mappa genetica dell’uomo, si ipotizza la decrittazione dell’assetto funzionale cerebrale. Dal genoma all’ “ideoma”. Le scoperte scientifiche tentano di forzare i penetrali del tempio laico della mente, individuando – attraverso neuroimmagini e grafiche – il substrato anatomo-funzionale delle attività più nobili dell’uomo. Per arrivare allo studio e all’analisi delle emozioni collettive, alle radici dei conflitti sociali, alla gestione dei flussi sensoriali nelle comunità.
Si è scoperto che il cervello è un organo dinamico e plastico che cambia in continuazione: tutt’altro che stabile, come prima si riteneva, capace di ricostruire connessioni perdute e che si rimodella con l’apprendimento.
Nel nostro corpo ci sono 25.000 geni, 100.000 proteine, cento miliardi di neuroni, 100 trilioni di connessioni cellulari nervose, cioè le sinapsi, infinitesimi spazi intercellulari, canali di comunicazione, attraverso cui passano sostanze chimiche e impulsi elettrici: vero e proprio sistema informatico del nostro cervello. Iniziamo a intravedere e a leggere in questa misteriosa foresta, la realtà anatomica e I processi biologici, molecolari ed elettrochimici. Una macchina complessa, misteriosa, ancora parzialmente inesplorata. Ma meravigliosa.
Non siamo ancora certi di come sia nata la vita sulla terra – elementi organici surriscaldati, bolle di fosfolipidi, frammenti di asteroidi – ma sappiamo che la comparsa della vita è precoce: il pianeta conta 4,5 miliardi di anni, la vita è comparsa 3,95 miliardi di anni fa. La scimmia antropomorfa da quadrupede divenne bipede 6-7 milioni di anni addietro.
La posta delle neuroscienze è sempre più alta. Non solo sofisticati metodi di prevenzione, diagnosi e terapia di malattie, ma espansione generalista con forti e gravi implicazioni etiche, legali, sociali e di libertà civili e privacy. I fautori di questo comparto scientifico prevedono saperi nuovi: neuroetica, neuroteologia, neuroetologia, neuroeconomia. Attraverso l’embricarsi di neuroscienze, biologia, logica, informatica, filosofia, i “cognitivisti” ritengono di approdare – attraverso una rappresentazione del cervello come base fisica della mente – alla produzione dell’io e dei meccanismi del pensiero.
Da ricerche e studi dell’Università della Pennsylvania e di Berkley in California emerge un innovativo settore disciplinare: “neuroscienza delle reti”, network neuroscience. Questa materia nasce dalla crescente visibilità delle varie aree celebrali attivate da moderne tecnologie – RM, PET, SPECT – che interagiscono per far scaturire la natura di ogni uomo, nonché dalla constatazione che le reti pervadono l’universo: reti materiali, reti biologiche, reti galattiche, nelle quali la “nostra” Via Lattea è un mondo infinitesimo.
Gli scienziati hanno sintetizzato il cervello in una planimetria di circa 300 nodi, collegati da connessioni e fasci tubolari di materia bianca. Tale impostazione ha permesso una concezione più chiara del funzionamento cognitivo. Ogni regione del cervello è inclusa in una rete più ampia, e si può determinare una carta geografica delle connessioni. Il cervello del vivente può essere equiparato a una gigantesca orchestra di neuroni che si attivano insieme, secondo una connettività funzionale molto specifica, con alcuni nodi-aree più attive di altre. Ogni millisecondo si attivano milioni di neuroni. In questo contesto le reti cerebrali si possono separare in insieme di nodi, definiti moduli. Come nei grandi aeroporti (reti aeree) l’attività di molteplici moduli viene coordinata dal cervello mediante gli hub, dove convergono le connessioni provenienti da differenti moduli cerebrali.
Il tipo e gli schemi della connettività sono personali per ciascun individuo, come impronte digitali: pertanto, i moduli sincronizzati del cervello formano la nostra identità. Inoltre le connessioni si modificano nel corso dell’età e in presenza di patologie. Studiosi della Stanford University hanno rilevato che la presenza di connettività aberranti sono detettori precoci di depressione, schizofrenia, autismo, demenza, epilessia.
Pur avendo compreso la configurazione e l’architettura di quell’universo misterioso di trilioni di cellule e connessioni che si trova dentro la scatola cranica, siamo ancora all’inizio di una strada impervia, in quanto è ostico pensare di risolvere il mistero ultimo della natura, perché noi stessi facciamo parte del mistero che si tenta di risolvere con la scienza.
Il nodo del problema è riconducibile a diversi quesiti: le funzioni mentali sono funzioni cerebrali? La mente è un fenomeno spiegabile con le sole risorse ed evidenze della neurobiologia? Una risposta meccanica, indotta e registrata su base neuro-endocrino-immunologica, vuol dire vita, fabbrica del pensiero? Interrogativi che travalicano il ristretto perimetro dell’esperimento. La presunta “fotografia” dello spirito umano porta diversi esponenti della comunità scientifica a credere che la caccia plurimillenaria alla dimostrazione dell’anima si è conclusa. Ma non è così.
La ricerca scientifica non è né vizio né virtù in sé: è la curiosità dell’uomo, vero e proprio propellente dell’intelletto, che spinge a navigare in mari sconosciuti, producendo una vertiginosa trasformazione del mondo e dell’uomo. “Non so cosa il mondo penserà di me; a me sembra di essere stato solo un fanciullo che gioca sulla riva del mare, e si diverte a trovare, ogni tanto, un sassolino un po’ più levigato o una conchiglia un po’ più graziosa, mentre il grande oceano della verità si stende inesplorato dinnanzi a me…”. Con queste significative espressioni Isaac Newton sintetizza la sua vita, tra studio e folgorazioni intellettuali.
Adelfio Elio Cardinale