Spesso si sente parlare di imposta di registro ma non si ha ben chiaro di cosa si possa trattare. Una cosa sembra però certa: l’imposta di registro incombe su molte operazioni di trasferimento di ricchezza in modo spesso piuttosto importante, rappresentando così una tassa con la quale bisogna fare i conti e che sarebbe bene cercare di approfondire nella sua interezza.
Al fine di migliorare la sua conoscenza, abbiamo voluto dedicare un approfondimento su che cos’è l’imposta di registro e su come si calcola l’imposta di registro. Se dunque non sai di cosa stiamo parlando o vuoi semplicemente saperne di più sull’imposta di registro, non ti rimane che leggere oltre: approfondiremo insieme tutti i principali temi di questo sgradito “balzello”!
Cos’è l’imposta di registro
Cominciamo dalle basi. L’imposta di registro è un’imposta indiretta, che grava sulla ricchezza e, in particolare, sul trasferimento di ricchezza.
L’imposta di registro è pertanto una tassa che viene versata per poter registrare il trasferimento di un’attività, mediante registrazione pubblica o privata. In tal senso, è abbastanza chiaro quale sia il suo ruolo: prova a pensare all’imposta di registro come a una sorta di compenso che lo Stato percepisce a titolo di entrata fiscale, per poterti erogare un servizio che conferisca certezza giuridica.
In parole più semplici, paghi l’imposta di registro per far annotare un atto scritto su un registro “pubblico”, che dunque garantisce certezza alle informazioni riportate. Che, per inteso, non potranno essere modificate in data e contenuto.
Il registro in questione è tenuto dall’Agenzia delle Entrate, e riporta in ordine cronologico tutti gli atti che per previsione normativa devono essere sottoposti a registrazione.
Prima di addentrarci oltre nella spiegazione dell’imposta di registro, ti ricordiamo che si tratta di un’imposta alternativa all’IVA, altra imposta indiretta. Ecco per quale motivo gli atti che sono soggetti a IVA non scontano l’imposta di registro (tranne nel caso, che vedremo tra breve, di locazione e di cessione dei fabbricati da imprese costruttrici).
Imposta di registro sugli atti giudiziari
Prendendo spunto da quanto sopra abbiamo anticipato, possiamo dunque cercare di chiarire quali siano i principali esempi dell’imposta di registro, ovvero le ipotesi in cui l’applicazione dell’imposta è più comune.
Cominciamo dagli atti giudiziari. La legge prevede infatti che l’Agenzia delle Entrate faccia richiesta di pagamento dell’imposta di registro a tutte le parti in causa, al di là dell’effettivo esito dell’udienza. Vige comunque il principio di soccombenza: la parte che si occupa del versamento delle spese legali deve anche versare l’imposta di registro.
Imposta di registro sui contratti immobiliari
Ancora più nota e diffusa è l’imposta di registro per gli acquisti della prima casa: gli acquirenti di una proprietà immobiliare da adibire a tale scopo devono infatti pagare l’imposta di registro, la cui entità sarà proporzionale in base all’entità di chi acquista (i privati pagano un po’ di meno rispetto alle persone giuridiche).
In particolare:
Se chi acquista una abitazione da adibire a prima casa è un privato, la base imponibile su cui determinare l’imposta sarà il valore dell’immobile, a sua volta conteggiata sulla rendita catastale rivalutata. L’aliquota proporzionale è pari al 2% sulla base imponibile, con l’imposta che andrà pagata direttamente al notaio (il quale poi procederà a versarla allo Stato);
se chi acquista è una società (si pensi all’impresa costruttrice), la base sulla quale determinare l’immobile sarà il valore del bene, mentre l’imposta (anche in tal caso pagata direttamente al notaio) rientrerà nell’Iva al 4%.
Imposta di registro sui contratti di affitto
L’imposta di registro si versa anche con riferimento ai contratti di affitto, con importo e registrazione che dipenderanno dal tipo di immobile in locazione.
Più nel dettaglio, per i fabbricati ad uso abitativo, l’aliquota dovuta sarà pari al 2%, da conteggiarsi sul canone annuo di locazione. Per i fabbricati ad uso strumentale, invece, l’imposta di registro sarà pari all’1% del canone annuo se il contratto di locazione viene effettuato da privati, mentre sarà pari al 2% in tutti gli altri casi.
Nella sola ipotesi dei fondi rustici, invece, l’imposta di registro sarà pari allo 0,50% del canone annuo, moltiplicato per il numero di annualità. Per gli altri immobili, l’imposta di registro rimane fissata al 2% del corrispettivo annuo.
Imposta di registro sugli immobili acquistati all’asta
Tra le altre principali ipotesi di applicazione dell’imposta di registro, anche quella a valere su chi acquista un immobile ad un’asta giudiziaria. L’operazione sconta le imposte di registro, ipotecarie e catastale nella misura fissa di 200 euro ciascuna, invece dell’aliquota ordinaria (che sarebbe del 9%), a patto che in sede di assegnazione l’acquirente manifesti l’intento di rivenderlo entro 24 mesi.
Gli atti esclusi dall’imposta di registro
Non tutti gli atti sono assoggettati all’applicazione di questa imposta indiretta. Come ricorda l’Agenzia delle Entrate sul proprio sito web, ad esempio, sono esclusi
gli atti e i documenti formati per l’applicazione, la riduzione, la liquidazione, la riscossione, la rateazione e il rimborso di imposte e tasse, quelli per la formazione del catasto dei terreni e dei fabbricati, i contratti di lavoro subordinati, gli atti di natura traslativa o dichiarativa che hanno per oggetto veicoli iscritti nel pubblico registro automobilistico.