Giunge da un evento organizzato da Fonarcom e da Cifa Italia, intitolato “La contrattazione di qualità è rappresentatività” tenutosi oggi al Festival del Lavoro 2022, un contributo al dibattito su contrattazione collettiva, salario minimo e criteri di rappresentatività. Secondo il direttore dell’Inl, Bruno Giordano, “contrattazione collettiva, salario minimo e rappresentatività costituiscono tre facce del più importante prisma costituzionale del diritto del lavoro. Calati nell’attuale momento storico, gli articoli 36 e 39 della Costituzione debbono essere letti in tutto il loro significato propulsivo e moderno, cioè quale strumento di coesione sociale e di qualità del lavoro”. Cesare Damiano prospetta una soluzione che lega il salario minimo per legge ai “contratti migliori” per ogni categoria: “Soltanto se esiste un’impresa di qualità può esistere la qualità del lavoro. La stella polare deve essere il lavoro a tempo indeterminato al cui interno la prestazione sia flessibile sulla base delle esigenze di produttività delle imprese, da un lato, e delle esigenze del lavoratore di conciliare i tempi di vita e di lavoro, dall’altro”. “In Italia siamo in una situazione di bassi salari – ha detto Damiano – per migliorare il potere d’acquisto delle retribuzioni è necessario rinnovare i contratti, rivedere l’indice dei prezzi al consumo armonizzato a livello europeo, l’Ipca, che non contiene nel suo paniere beni essenziali come i costi dell’energia importata dall’estero, e ridurre il cosiddetto cuneo fiscale. Infine, è utile adottare il salario minimo per legge, paga base più contingenza utilizzando i contratti migliori di ciascuna categoria – metalmeccanici, chimici, tessili e così via – al fine di sconfiggere per questa strada il dumping salariale e i contratti pirata”. Secondo Andrea Cafà, presidente di Cifa Italia e di Fonarcom, “lo strumento da privilegiare per la garanzia dei trattamenti salariali minimi è la contrattazione collettiva, e ancor più quella di qualità, capace di garantire, oltre al salario, anche altre forme di tutela che incentivino la produttività aziendale e l’occupabilità del lavoratore. Per questo condividiamo la posizione espressa dal ministro del Lavoro Orlando di istituire il salario minimo, prendendo come riferimento le retribuzioni dei contratti più rappresentativi”. Prosegue Cafà: “Per valutare i contratti più rappresentativi occorre avere riguardo alla qualità contrattuale. Qualità significa non operare dumping retributivo o di altro tipo, nonché favorire un’occupazione di qualità attraverso tutele aggiuntive come la formazione continua e il welfare sostenuto dalla bilateralità. Qualità della contrattazione e adesioni alla bilateralità dovrebbero essere considerati come i nuovi indicatori di misurazione della rappresentatività delle organizzazioni sindacali”. Per la sottosegretaria al Lavoro Tiziana Nisini “Il salario minimo è lo strumento da usare nei Paesi dove la contrattazione è poco diffusa, dove invece è diffusa essa va chiaramente rafforzata. Per combattere il lavoro nero e i contratti illegali va usato il buon senso e vanno evitate forme di assistenzialismo tout court. Creare politiche di sgravio per le imprese e modalità di assunzione più snelle e meno cavillose. Un buon contratto vale più di un minimo tabellare. E per garantire la tenuta del potere d’acquisto delle retribuzioni occorre attivare tre leve: rinnovare i contratti, estendere l’applicazione dei contratti rappresentativi, tagliare il cuneo fiscale per diminuire il peso delle tasse sul lavoro”. “Già con l’Accordo interconfederale del 2019 – ha ricordato Salvatore Vigorini, presidente del Centro Studi InContra – Cifa e Confsal ribadivano come il contratto collettivo fosse l’unico strumento capace di assolvere la funzione di garanzia dei trattamenti economici e normativi minimi e rinnovavano l’impegno a non sottoscrivere accordi che favorissero forme di dumping salariale”. Per Cifa e Confsal – come risulta da un raffronto tra Ccnl fatto dallo stesso Vigorini – promuovere una contrattazione di “qualità” significa non operare nessuna riduzione dei livelli retributivi, non comprimere i diritti fissati per legge, favorire un’occupazione di qualità attraverso tutele aggiuntive quali la formazione e il welfare e sostenere l’applicazione dei contenuti contrattuali attraverso la bilateralità. Del resto, in molti settori, i livelli retributivi della contrattazione Cifa-Confsal appaiono tra i più alti rispetto alla media. Lo ribadisce Angelo Raffaele Margiotta, segretario generale Confsal: “Per dare attuazione al sacrosanto diritto di ogni lavoratore di percepire un salario minimo occorre anzitutto eliminare la ritenuta erariale che grava sui salari bassi e che rappresenta un’iniqua tassa sulla povertà. Le parti sociali Cifa e Confsal sono impegnate a debellare il fenomeno del dumping e a implementare una contrattazione collettiva di qualità che garantisca la tutela e il benessere del lavoratore, promuovendo nel contempo la crescita produttiva delle imprese”. Ed è stata Donata Gottardi, dell’Università di Verona, a segnalare l’importanza, in questa fase, e forse non solo, della comparazione dei contratti collettivi che porta alla trasparenza, ingrediente principale della qualità contrattuale. “E’ la trasparenza che può colmare la ferita dei differenziali retributivi di genere – ha detto Gottardi – Si apre, inoltre, una prospettiva innovativa, utile anche alla giurisprudenza, che sta brancolando nel buio, chiamata com’è a decidere il livello retributivo minimo sulla base dell’equità, senza avere solidi strumenti in un sistema di relazioni industriali sempre più complesso”. Alla luce del modello proposto da Cifa e Confsal, risulta condivisibile la proposta del ministro Orlando di considerare quale salario minimo per ciascun settore la retribuzione dei “Ccnl migliori”, preservando così il ruolo della contrattazione.
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(ITALPRESS).