Chirurgia d’urgenza sempre più tecnologica, spazio anche all’IA

MILANO (ITALPRESS) – La chirurgia d’urgenza è uno dei settori più cruciali della medicina, perchè si occupa di interventi che richiedono un’azione immediata per salvare la vita del paziente o prevenire gravi complicanze. In situazioni critiche, il tempo è un fattore determinante: ogni minuto può fare la differenza tra la vita e la morte, rendendo essenziale una risposta rapida e coordinata da parte di equipe altamente specializzate. L’aggiornamento continuo del personale, l’adozione di tecniche chirurgiche avanzate e l’uso di tecnologie diagnostiche immediate sono fondamentali per garantire il successo degli interventi. Sono questi alcuni dei temi trattati da Hayato Kurihara, direttore della chirurgia d’urgenza del Policlinico di Milano e vicepresidente della European Society for Trauma and Emergency Surgery, intervistato da Marco Klinger, per Medicina Top, format tv dell’agenzia di stampa Italpress.
“Il diabete viene sempre considerato la malattia con la maggiore incidenza nei paesi occidentali. Ebbene, se prendessimo tutte le situazioni che hanno bisogno di una procedura chirurgica urgente, l’incidenza è di un terzo superiore al diabete e il doppio di una qualsiasi diagnosi di tumore – ha esordito – In Italia abbiamo 30 milioni di accessi in pronto soccorso, buona parte di questi accessi richiede una valutazione chirurgica d’urgenza”.
La chirurgia d’urgenza è dunque fondamentale per il sistema sanitario: “Gli interventi da chirurgia d’urgenza sono quelli in caso di gravi infezioni, di peritoniti, di occlusioni, o ancora appendiciti, ischemie, poi ci sono quelli legati a una patologia d’urgenza traumatica, come possono essere multi traumi o ferite da taglio e quant’altro – ha spiegato Kurihara – Gli interventi più frequenti in chirurgia d’urgenza sono quelli per le peritoniti e le occlusioni intestinali, ma quel che conta per il chirurgo è riuscire a mantenere le sue skill operando anche in situazioni più tranquille e non sempre d’urgenza, altrimenti avremo dei pessimi chirurghi d’urgenza”.
“La chirurgia mininvasiva e laparoscopica ha cambiato radicalmente l’approccio agli interventi di chirurgia d’urgenza, e si comincia già a parlare di intelligenza artificiale – ha ribadito – Le sale operatorie moderne ormai sembrano astronavi, ci stiamo spingendo veramente all’estremo, anche sulla chirurgia d’urgenza, non dimenticando però che dobbiamo sempre saper fare un intervento tradizionale”. Il Policlinico di Milano è tra i fiori all’occhiello in questo settore: “Credo sia stata la prima chirurgia d’urgenza al mondo. Il livello è altissimo, con una squadra giovane motivata, tra le mille difficoltà in virtù dell’enorme volume di pazienti – ha sottolineato il professore, prima di parlare di alcuni progetti portati avanti nel campo della formazione – L’Emergency Surgery Course è uno dei due progetti che stiamo portando avanti, è dedicato alla formazione di chirurghi generali che vogliono focalizzare la loro cultura e la loro leadership sulle patologie chirurgiche spontanee e non traumatiche. Viceversa, c’è un altro corso, il Definitive Surgery Trauma Care, messo a punto dalla International Association for Trauma Surgery and Intensive Care, che è dedicato proprio a quei chirurghi che hanno una bassa esposizione al trauma violento, per portarli fuori dalla loro zona di comfort, per insegnargli manovre che capitano raramente, ma che possono salvare la vita ai pazienti”.
C’è però una crescente difficoltà legata al ricambio generazionale: “Non è sufficiente la gratificazione nel gestire il paziente, la medicina d’urgenza va ristrutturata – ha rivendicato Kurihara – Anche perchè, consuma il medico: provate a immaginare fare tanti turni di notte, i ritmi circadiani vanno a farsi benedire. Bisogna cercare di attirare i nuovi medici. C’è un grande interesse altrove, in Spagna sta esplodendo la chirurgia d’urgenza e metà del nuovo personale è donna”. Infine, sulla gestione dello stress per un medico impegnato nella chirurgia d’urgenza: “Come gestire lo stress? Semplice, non lo gestisco. Alla fine, la maggiore difficoltà nel team è quella comunicativa – ha concluso – Se c’è un posto in cui il chirurgo è tranquillo e sereno è proprio la sala operatoria”.

– foto tratta da video Medicina Top –
(ITALPRESS).

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