Come si dice? Questo è il calcio, bellezza. Ma non mistero, non poesia, una disciplina impietosa. Spesso anche ingiusta. Stavolta no: Milan-Lecce 2-2 è verità. La conferma di un Lecce coraggioso, la promessa di un Milan rinato. Anche una storia di uomini, come è sempre successo. Ora anche di più. In qualità più che in quantità. Quando i calciatori non vogliono il tecnico che gli hanno imposto, magari dicendolo genio, lo fanno fuori. Come il quotato Di Francesco che aveva scritta in faccia la sconfitta: non aveva ancora digerito la cacciata dalla “sua” Roma. Come il maestro Andreazzoli, una manita per segnalare a Preziosi “non lo vogliamo più”. Perché, non è ancora dato di sapere, forse è troppo civile. Ingenuo di sicuro. E il genio Giampaolo? Brutalmente scaricato.
Arriva Pioli e almeno per un tempo corrono tutti come leprotti, si scatenano sull’avversario come cinghiali, s’inventano faine: uno zoo minore, non sono ancora leoni ma Pioli un po’ di coraggio gliel’ha messo in corpo. Gliel’ha gridato – non sussurrato, come ai cavalli, trattandosi in realtà di una classe d’asini presunti – che sono pagati per fare il loro dovere. Ma sono sicuro che nei colloqui vis à vis, franchi e veritieri, voglio sperare, gli hanno raccontato quello ch’era successo: la predica dell’ajatollah Giampaolo non l’hanno proprio capita.
Qualcuno, al Milan, goduto il bel gol di Cahlanoglu, patite le pene dell’inferno dopo il rigore di Babacar, risorto a felicità con il gol-viagra di Piatek e infine agguantato da Calderoni, avrà detto: calma con l’ottimismo, abbiamo pareggiato con il Lecce, mica con il Real. E invece il test è importante, perché il Lecce è una bella squadra, forte e fastidiosa come vuole il suo tecnico incazzoso. Che precisa l’altro modus vivendi più diffuso nel calcio: quando i giocatori “amano” il mister, per lui danno tutto, anche di più. Perché si sono intesi. Il Milan “vagabondo” massacrato dalla Fiorentina, i giocatori ridimensionati a bufale si sono in buona parte riscattati. Ci hanno almeno provato. È la cura Pioli. Se riesce a farsi amici in giocatori – come Liverani – può far tornare un Milan degno d’Europa.