Il congresso ‘Mediterraneo di civiltà e di pace’ ha celebrato ad Agrigento il ventennale della Multaqa, inaugurata nel 1998 proprio ad Agrigento, dove Emmanuele F. M. Emanuele – Presidente della Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale che ha promosso e realizzato l’evento, ha voluto riportarla.
Ad aprire i lavori della giornata conclusiva Maurice Aymard, docente di storia moderna e contemporanea dei Paesi mediterranei a Parigi presso l’Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales, che ha introdotto la sessione – presieduta da Eduardo Mira, dottore di Geografia e Storia attualmente a contratto presso il Consiglio d’Europa di Bruges – con un intervento sulle connessioni ineludibili esistenti tra l’uomo, l’ambiente e il mare nella cultura e nel sistema di vita dei popoli che si affacciano sul bacino del Mediterraneo.
A seguire una Tavola Rotonda tra i rappresentanti delle tre maggiori religioni monoteiste dell’area (il Cristianesimo, l’Ebraismo e l’Islamismo), introdotto dagli interventi del segretario generale dell’Istituto Internazionale Jacques Maritain di Roma, Gennaro Giuseppe Curcio, e del giornalista Haji Khaled Gianluigi Biagioni Gazzoli, attualmente segretario generale dell’Unione Islamica in Occidente.
A confrontarsi sulla delicata tematica di un dialogo non soltanto possibile ma soprattutto necessario, fra le religioni il cardinale Giovanni Battista Re, esperto in Diritto Canonico e attuale Vice Decano del Collegio Cardinalizio; il Rabbino Capo di Napoli Ariel Finzi; l’Imam della Moschea di Ethem Bej in Albania, Elton Karaj.
‘Quel Dio che ci ha creato non può essere motivo di contrasti fra le religioni – ha detto il Cardinale Re -: esse devono cooperare per il benessere, il progresso, la pace e la cooperazione fra i popoli. Ogni credo ha le sue caratteristiche e, ovviamente, dobbiamo tutti essere fedeli alla nostra religione, ma allo stesso tempo è indispensabile avere fiducia e rispetto verso gli altri e salvaguardare la libertà altrui: questa è l’unica maniera per poter vivere insieme in armonia e serenità’.
Gli ha fatto eco il Rabbino Finzi, che ha tratto spunto da alcuni esempi illuminanti della lingua ebraica – in particolare la comune radice di alcune parole – per riaffermare l’importanza del dialogo interreligioso e della convergenza verso un comune orizzonte di pace. Ad esempio, il sostantivo ‘pace’ (shalom) ha la stessa origine della parola shalem, che significa completo. Si tratta di un’interessante analogia che ci conferma che il mondo non può essere completo finché non regni la pace.
Senza entrare nel merito delle scottanti questioni dell’attualità e della cronaca, il Rabbino li ha citati per riaffermare i principi di democrazia e rispetto dei diritti umani che caratterizzano lo Stato d’Israele, tra cui l’accoglienza degli omosessuali e le pari opportunità per le donne.
L’Imam di Tirana, infine, ha ricordato come dal 1912 convivano pacificamente in Albania i tre credo prevalenti: islamismo, cattolicesimo e ortodossia. Ha inoltre sottolineato come, nella sua terra, molto si faccia dal punto di vista accademico per incentivare un proficuo dialogo tra le religioni, grazie anche al costante e assiduo impegno delle rispettive facoltà di teologia. Ha poi concluso il proprio intervento – dopo aver chiesto il permesso ai rappresentanti delle altre religioni – con la lettura di una preghiera da lui stesso redatta, che ha emozionato la platea.
Dopo un messaggio video di Federico Mayor, Presidente della Fundacion Cultura de Paz e già Direttore Generale dell’UNESCO, è stato Emmanuele F. M. Emanuele, nella sua duplice veste di Presidente della Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale e di Presidente del Comitato Scientifico della Multaqa, a tirare le fila delle tre giornate di lavori e a ringraziare tutti i convenuti, primo fra tutti Guglielmo de’ Giovanni-Centelles Direttore del Comitato Scientifico.
‘A venti anni dalla Multaqa che si è tenuta ad Agrigento dal 17 al 20 settembre 1998 – ha detto – ho ritenuto, essendo stato Presidente Delegato per l’Italia del Consiglio Mediterraneo della Cultura dell’Unesco, ed avendo ricevuto nel 2014 il prestigioso Premio Unesco-Valldigna, di suggerire all’amico Girones di celebrare quest’anno la Multaqa nuovamente nella città di Agrigento. L’accoglienza di questa mia proposta è testimoniata dalla qualità dei relatori che hanno manifestato, con la loro adesione, la condivisione di questo mio progetto, e sono veramente contento che l’evento si sia concretato con una così grande partecipazione ed un così alto livello degli interventi. Nell’atarassia politica internazionale che ha connotato e connota l’attuale momento storico, infatti, la sola voce forte che ha riaffermato la presenza del Mediterraneo nello scacchiere mondiale siamo stati umilmente noi: noi promotori della Multaqa, sempre attivi in questi lunghi anni solitari. Il convincimento da me perseguito del primato civilizzatore e unificatore del Mediterraneo è oggi un risultato scientifico indiscusso, e conferma come l’osmosi tra le civiltà nate nel bacino del Mediterraneo abbia generato quelle sensibilità comuni che hanno edificato l’Occidente per influsso delle culture provenienti dall’Oriente.
La poesia, la letteratura, l’arte ma soprattutto il concetto di democrazia, la primazia delle leggi, e la religione – come hanno dimostrato gli autorevoli relatori che mi hanno oggi preceduto nell’esposizione – fanno parte di quel patrimonio assolutamente consacrato nei secoli che è diventato oramai parte integrante della civiltà mondiale. In questo scenario, da anni ormai propongo il ruolo della Sicilia come ‘la Bruxelles’ degli Stati mediterranei. So che attuare un tale disegno è molto difficile, so che si tratta di un sogno, ma io – che non a caso sono anche un poeta – mi nutro di sogni e continuo pertanto a sognare, continuando in parallelo a lavorare indefessamente affinché ciò accada’.
‘L’ho fatto con la Fondazione Terzo Pilastro – Italia e Mediterraneo e continuo ora con la Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale – ha aggiunto Emmanuele F. M. Emanuele -: abbiamo contribuito al restauro della Cattedrale di Sant’Agostino di Ippona ad Annaba in Algeria, partecipato al prestigioso Festival di El Jem in Tunisia, creato ad Aqaba-Eilat nelle scuole superiori un corso in cui bambini palestinesi ed arabi studiano assieme, sostenuto un imponente progetto di irrigazione nelle aree pre-desertiche di Nabeul (sempre in Tunisia); abbiamo contribuito a creare a Jaramana, in Siria, un campo di calcio per la comunità locale e per i profughi iracheni ospitati nella stessa località, partecipato al restauro dell’Istituto dei Monumenti di Cultura (IMK) a Tirana in Albania, realizzato una Fondazione per la Ricerca sul Cancro a Malta, siamo intervenuti in Siria con il progetto ‘Ospedali aperti’ a Damasco, siamo presenti costantemente in Spagna e in prospettiva anche in Grecia. Tutto ciò perché ritengo che una componente spirituale, così come essa si è manifestata e continua a manifestarsi nella nostra epoca, proveniente da quel Mediterraneo fecondo di idee e principi cui ho fatto cenno, sia l’esatta terapia per curare il fenomeno distorsivo della globalizzazione capitalista che tanti guasti sta arrecando.
Credo che questa urgenza di una coscienza mediterranea multipla – ha continuato Emmanuele F. M. Emanuele -, che la scuola francese de Les Annales poneva alla base della storia del Mare Nostrum e che io da tempo patrocino, sia la prospettiva salvifica in un mondo dilaniato da guerre che stanno diventando sempre più di portata internazionale e, ahimè, con il profilarsi della crescita delle armi atomiche, mondiale. Ecco perché queste tre giornate, che hanno preso il nome di Mediterraneo di Civiltà e di Pace, si sono incentrate sul concetto di pace e dialogo tra le culture e le religioni del Mediterraneo, e credo che nessuna palestra, più di quella del Mediterraneo, possa mantenere viva la speranza della buona volontà tra gli uomini del concetto di pace. Oggi la pace è ancora lontana, ma lo sforzo che l’umanità e noi in primis dobbiamo fare è quello di perpetuare diritti e valori che sono alla base del concetto di civiltà per far sì che, pur nella consapevolezza del divenire crescente di un nuovo mondo, la globalizzazione, internet e i sistemi di comunicazione che si impongono, debbono tuttavia non essere defraudati di quella concezione universale dei diritti dell’uomo e della pace tra gli stessi. Qui parlo anche nella mia qualità di membro del Comitato d’Onore dell’Istituto Internazionale Jacques Maritain, e prospetto questo mio desiderio da sempre manifestato che ha trovato concreta attuazione nella Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale, ovvero l’essenza dei mantenimenti di quei principi e valori che devono permeare il mondo intero’.
‘Il Meridione rappresenta la naturale cerniera tra mondi che si affacciano sul nostro mare, al quale bisogna guardare con l’intento di riconoscersi come comunità capace di trasmettere valori improntati sulla pace e sul rispetto reciproco – ha sottolineato Emmanuele F. M. Emanuele -. È necessario che gli abitanti di questo mare si aprano alla cultura dell’altro costruendo ponti, e non erigendo barricate o muri, nella consapevolezza che esiste una comunità umana indissociabile; sviluppare una azione di pace significa considerare il Mediterraneo quale motore per questo miracolo che pacifichi l’Africa, l’Oriente ed, in prospettiva, anche l’Occidente, e che permetta di edificare una civiltà con una economia solidale, aperta e sostenibile in cui le risposte ai bisogni della gente arrivino cariche di quella umanità che la spiritualità del mondo mediterraneo da sempre rende manifesta e presente. Questo presuppone che ognuno di noi riconosca le differenze dell’altro accettando di mettersi in gioco senza ripudiarle, come volontà di reciproca comprensione, così come è stato magnificamente detto dal Cardinale Re, dal Rabbino Ariel Finzi e dall’Imam Ethem Bej. Questo è l’intendimento che ha ispirato queste tre giornate di lavoro, a seguito delle quali mi sento di poter affermare che stiamo contribuendo a creare un mondo migliore’.
‘Ma ai sogni – ha concluso Emmanuele F. M. Emanuele – devono seguire le azioni, ed è per questo che voglio oggi, qui, formulare una proposta concreta: ovvero che, non tenendo conto dei vincoli e degli obblighi che ci impongono i nostri capi politici ed i loro burocrati, noi Stati mediterranei iniziamo finalmente a porre le basi di un percorso federativo che passi attraverso quel mondo cui appartengo, quel privato no-profit che si occupa di aiutare i meno fortunati, creando punti di riferimento nei Paesi (l’Albania, Israele) che potrebbero a buon diritto entrare a far parte del nuovo vecchio mondo che io sogno. La mia speranza è che questo luogo in cui la civiltà è nata possa tornare ad essere, in questa fase di grave crisi che accomuna Oriente ed Occidente, motore della rinascita di un mondo in cui i valori fondanti della reciproca comprensione e della sensibilità alle tematiche più squisitamente sociali possano trovare opportunità di esplicarsi e di germogliare’.
Durante lo svolgimento delle tre giornate di convegno, Emmanuele F. M. Emanuele è stato insignito della medaglia d’oro dell’Università Fernando Pessoa di Oporto (Portogallo) dal Rettore Prof. Salvato Trigo, membro del Comitato Scientifico della Multaqa.