“Il linguaggio d’odio in politica: a chi fa male e come farne a meno”. A queste domande, contenute nel titolo dell’evento, hanno provato a dare un risposta gli intervenuti, nel Polifunzionale Studenti di Bari, alla tavola rotonda organizzata dal corso di Scienze della Comunicazione dell’Università di Bari, con il sostegno del Corecom Puglia, che chiude la Summer School sulla Comunicazione Politica “Hate Speech: prevenzione e contrasto”.
All’incontro, moderato da Dino Amenduni dell’agenzia di comunicazione Proforma, hanno preso parte il nuovo Rettore dell’Università di Bari, Stefano Bronzini, che entrerà i carica il 1° ottobre, la deputata di Italia Viva Maria Elena Boschi, il deputato di Forza Italia Antonio Palmieri, il sindaco di Bari Antonio Decaro, e il direttore del Dipartimento di Scienze della Formazione, Psicologia e Comunicazione, Giuseppe Elia.
“C’è bisogno di riflettere sulle cose – ha detto all’Italpress il Rettore di Uniba Stefano Bronzini – C’è bisogno che politica, università e istituzioni si concentrino. Non è un momento grave, è un momento della storia e bisogna partecipare ed essere protagonisti con la riflessione. Credo che sulla questione dei social sia opportuno che tutti si fermino a riflettere prima di interventi legislativi o meno che possano degradare quella che è un’opportunità in un momento negativo”.
Proprio sulla questione legata ai social, il professore Bronzini ha ricordato nell’intervento un aneddoto legato alla sua recentissima elezione. “Io non sono su nessun social e in tanti mi dicevano che sarebbe stato necessario per me utilizzarli alla vigilia dell’elezione del nuovo Rettore. Non l’ho fatto perché ho ritenuto possibile e doveroso che un’elezione universitaria rimanesse dentro i confini del territorio e siccome i votanti erano 3mila, mi sono impegnato cercando di incontrarli tutti. Proprio tutti non ce l’ho fatta ma il mio impegno è andato in questa direzione”.
A Bari per parlare del linguaggio d’odio in politica anche l’ex ministro Maria Elena Boschi e attualmente capogrupppo alla Camera di Italia Viva, spesso bersaglio degli haters. “Credo mi abbiano invitato – ha commentato l’attuale deputata di Italia Viva – come esempio perfetto di un bersaglio di odio politico sui social, non casuale ma organizzato in modo scientifico e professionale da alcuni gruppi che poi si rifanno ad alcuni partiti politici, in molti casi. Io credo che sia importante – ha continuato l’onorevole – innanzitutto parlarne, che ci sia la consapevolezza che questo è un problema”.
“E’ un problema di regole del gioco, di democrazia perché ciascuno deve essere libero di esprimere le proprie opinioni politiche, anche di essere criticato per quelle, ma non deve essere soggetto di attacchi di carattere personale, sessisti, che non hanno nulla a che vedere con le proposte che fa. Spesso purtroppo sono le donne le vittime preferite degli odiatori sui social. Necessaria una riflessione per cominciare a dire che non è normale, che il web non è un territorio franco. Servono sì regole nuove, ma anche una formazione nuova. E in quest’ottica è molto apprezzabile l’iniziativa di oggi dell’Università di Bari” ha continuato Boschi.
Ma il linguaggio d’odio in politica non parte solo dai cittadini, spesso è utilizzato anche tra gli stessi politici. “Sì – ha concordato l’ex ministro – purtroppo c’è anche nelle aule parlamentari. Purtroppo ci sono dei politici che usano un linguaggio che incita spesso i propri sostenitori ad una escalation. Matteo Salvini lo ha fatto, facciamo nomi e cognomi così è più semplice. Lo ha fatto anche nell’ultimo mese, nei miei confronti ma non solo”.
Il sindaco di Bari, Antonio Decaro, ha suggerito di risalire alle cause. “Bisogna cercare di capire – ha detto – anche i motivi per i quali qualcuno si nasconde dietro il monitor di un computer e con parole di odio attacca i rappresentanti delle istituzioni che in quel momento rappresentano l’idea del potere. Io con gli odiatori sui social ho sempre avuto un buon rapporto, nel senso che qualche volta li ho presi in giro per sdrammatizzare, qualche volta ho cercato di incontrarli, di capire anche quali erano le motivazioni che portavano tante persone a riempire di improperi la pagina social del sindaco. Nei prossimi giorni cercherò di capire dove sono finiti tutti quelli che durante la recente campagna elettorale mi attaccavano su qualunque questione, anche quelle che non erano di diretta competenza del sindaco. Li inviterò al Comune e cercherò di riprendere anche un dialogo con loro”.
Ma l’attività degli odiatori incide sull’andamento del Paese? Il primo cittadino del capoluogo pugliese la pensa così: “Degli studi dimostrano che ci sono dei gruppi organizzati in maniera scientifica che tendono ad orientare il Paese. Soprattutto nel periodo della campagna elettorale ci sono state delle campagne d’odio fatte nei confronti di alcuni rappresentanti politici, altre verso temi come l’immigrazione, una sorta di sciame di profili veri o falsi che si muovono in una certa direzione per cercare di orientare l’opinione pubblica”.
Più tecnico il commento di Dino Amenduni, che oltre ad aver svolto il ruolo di moderatore della tavola rotonda, è anche docente di comunicazione politica ed elettorale all’Università di Bari. “Molto spesso, più della violenza, è la ricerca di attenzione da parte dell’interlocutore – spiega Amenduni – a muovere i loro comportamenti. Capita che un politico riceva un insulto, risponde a quel commento e subito dopo l’utente cambia completamente atteggiamento. Quindi spesso basterebbe gestire le comunità in modo più costante, più continuo, far vedere che si è presenti, ascoltare, rispondere ai commenti. Questo spesso basta a ridurre la tensione. Tuttavia le pressioni mediatiche da una parte e il linguaggio d’odio usato dagli stessi politici dall’altra hanno una grande responsabilità. Il linguaggio d’odio utilizzato da chi è in una posizione superiore sdogana il linguaggio d’odio di chi è più in giù. Quindi probabilmente serve un patto: cioè la politica deve cominciare ad ascoltare di più i cittadini e deve ridurre il linguaggio d’odio e in cambio riceverà lo stesso trattamento”.