BROADCASTER PUNTANO SU DEFINIZIONE E INTERAZIONE

Più definizione, ma soprattutto più interazione. Così è vista dagli operatori e dal mercato la trasmissione di immagini sportive nel futuro a breve e medio termine, a prescindere dal mezzo di trasmissione (tv o mezzi mobili) e dal rapporto tra emittente e utente (pay tv, pay per view, on demand). La moltiplicazione dei pixel che ha dettato il progresso della televisione come l’abbiamo conosciuta nei decenni fino a oggi non è più indice principale del miglioramento tecnologico. Certo, continua a evolvere come ha dimostrato di recente (tra gli altri) Eurosport con la sua trasmissione in 4K del Roland Garros. In Francia, Spagna, Germania, Gran Bretagna gli spettatori si sono goduti il trionfo di Nadal nella migliore definizione oggi possibile per la TV “tradizionale”. Nel calcio ci si era già arrivati tra gli altri anche in Italia, con il derby di Milano del 2016, in Germania con Colonia-Borussia Dortmund di Bundesliga e a partire dalla finale di Champions Barcellona-Juventus. Fa un certo effetto definire tradizionale il 4K, o Ultra HD, ma lo è di fronte a quello che altri stanno sperimentando. In termini tecnici, di riprese cioè, sono già all’opera le cosiddette telecamere POV, o Point of View. Si tratta di camere di minori dimensioni (e costo) che si piazzano laddove nessun’altra camera guidata da un operatore (né uno spettatore) può arrivare: nell’area di rigore del campo di hockey ghiaccio, accanto alla bandierina del corner nel campo di calcio, sott’acqua costantemente per una partita di pallanuoto o sotto un’auto da corsa in gara.
L’altro grande cambiamento riguarda i contenuti. Rispetto al passato e al religioso osservare della gara, adesso sembra che interagire con altri device sia più importante dell’evento sportivo stesso. L’80% del campione della Google’s Sports Viewing Survey ha risposto di guardare lo sport mentre chatta o cerca informazioni su altri schermi. E allora i grandi righst holders si adeguano. La NBA ha fatto perfino i conti con il sindacato dei giocatori che in nome della privacy (e di ragioni economiche) ha impedito che i cosiddetti wearables potessero essere indossati in partita. Da lì sono in effetti in arrivo le informazioni biometriche in real time dei cestisti che li indossano e per il momento i campioni americani pensano sia troppo. Secondo il commissioner del basket pro statunitense Adam Silver e il suo predecessore David Stern, anche l’audio così com’è va ripensato. Meglio poter scegliere, anche qui, tra il commento ufficiale e quello personalizzato, possibilmente degli stessi fans. Silver non poteva essere più esplicito qualche mese fa ammettendo che la produzione delle partite di basket USA è oggi la stessa di 30 anni fa.
Forse, infine, nessun altro sport ha così tante difficoltà come l’hockey sul ghiaccio nell’inventare una tecnologia per il cosiddetto tracking, i dati ricavati dal movimento dei giocatori, a quella velocità e con quegli attrezzi di gioco. “Siamo alla ricerca di una tecnologia che non esiste”, ha detto tra lo sconsolato e lo stile di sfida tipicamente americano il commissioner, il numero 1 dell’NHL, Gary Bettman.
(ITALPRESS).

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