Tre gol (a uno) alla Francia. Italia bella, finalmente, Berlino un incubo sepolto. Al Parco dei Principi avete ascoltato il Canto degli Italiani, fate finta di aver sentito l’Inno di Garibaldi, il nizzardo scaldacuori sostenuto da retorica patriottarda, “Corriamo, corriamo, su o giovani schiere / Su al vento per tutte le nostre bandiere / Su tutti col ferro, su tutti col fuoco d’Italia nel cor”. Dunque azzurri “garibaldini” scovati da Spalletti nella zona del cuore, dove quell’affronto di Barcola dopo 14 secondi (ce ne aveva messi 23 l’albanese Bajrami tre mesi fa, agli Europei) non ha spento gli azzurri ma ne ha scatenato l’immediata reazione con una esibizione corale che ha letteralmente capovolto l’ammutinamento davanti alla Svizzera. Vittoria e non solo, qualità di gioco, esercizi di fantasia accompagnati da prestanza fisica. E piedi buoni. Il primo gol, al 30′, una magia di Dimarco, una maradonata mancina; poi l’eccellenza Davide Frattesi, 24 anni, romano. Prima laziale, poi romanista. Scuole superiori ad Ascoli, Empoli, Monza, Sassuolo e infine Università e laurea all’Inter. E tutte le Under azzurre, la specializzazione ideale per meritare la Nazionale. Grazie a lui (e come dicevo a Dimarco, l’Inter è presentissima, c’è anche Bastoni) l’Italia riscatta in mezz’ora la più amara partenza del secolo, quel golazo di Barcola. Quando al 74′ è arrivato il gol di Raspadori godimento totale e un antico pensiero, “Parigi è sempre Parigi”, la fascinosa capitale in cui conquistammo il secondo titolo mondiale, nel 1938, con l’Italia di Meazza, Piola e del mio amico Medeo Biavati. Li guidava Pozzo. Ringrazio Spalletti di avermelo ricordato, di avermi mondato da cattivi pensieri. (L’ultimo, per stavolta, extra azzurri: lasciate perdere Mbappè, se avete tempo e voglia gridate “viva Ronaldo”, 900 gol. E noi, italici piangenti, che l’abbiamo deriso…).
Azzurri “garibaldini”, sepolto l’incubo di Berlino
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