PALERMO (ITALPRESS) – Il Giudice di Pace di Palermo, Donata Di Chiara, ha accolto la richiesta risarcitoria di una famiglia palermitana condannando il Comune di Palermo per gli allagamenti avvenuti il 15 luglio 2020, quando una violenta bomba d’acqua investì il capoluogo siciliano e le intense piogge causarono l’allagamento di intere parti dei sottopassi in corrispondenza delle intersezioni tra viale Regione Siciliana con via Leonardo da Vinci e con Viale Michelangelo/Viale Lazio.
Tra i malcapitati di quelle tragiche ore, una famiglia con due bambini di 7 anni e 18 mesi, che si trovavano a percorrere, a bordo della loro auto, viale Regione Siciliana. La vettura venne travolta da una forte corrente d’acqua, il livello si alzò fino ad entrare nell’abitacolo e raggiunse le ginocchia dei passeggeri che solo rompendo il finestrino riuscirono a mettersi in salvo. A causa della totale e perdurante immersione sotto l’acqua, misto a fango, l’auto diventò inutilizzabile per lungo tempo, oltre allo shock dei bambini e dei genitori nei giorni successivi.
Pertanto, la famiglia – assistita dallo studio legale Palmigiano e Associati, con l’assistenza di Alessandro Palmigiano ed Elisabetta Violante – ha avviato una causa nei confronti del Comune che ha avuto un esito positivo solo nei giorni scorsi.
Secondo i legali palermitani, si legge in una nota, “questi allagamenti (seppur quello del 15 luglio è stato registrato come molto intenso) non erano affatto nuovi per Palermo e per l’amministrazione comunale, infatti da diverse foto e articoli di giornale di anni precedenti, è stato dimostrato che i sottopassaggi della circonvallazione erano stati scenario di gravi allagamenti, anche negli anni passati. Nonostante questa situazione fosse quindi ben nota al Comune (che è l’ente che deve occuparsi della manutenzione e cura delle strade), non era stato fatto nulla per evitare gli allagamenti”.
“Il Comune di Palermo, infatti – prosegue la nota -, come proprietario delle strade, è tenuto a provvedere alla manutenzione, gestione e pulizia delle stesse, nonchè delle attrezzature, impianti e servizi e all’apposizione e manutenzione della segnaletica. Pertanto è configurabile la responsabilità per cosiddetta ‘cosa in custodià, secondo quanto stabilito dall’articolo 2051 del codice civile: il custode (il Comune di Palermo in questo caso) è tenuto ad adottare tutte le misure idonee a prevenire ed impedire la produzione di danni a terzi, con lo sforzo adeguato alla natura e alla funzione della cosa e alle circostanze del caso concreto. Con particolare riferimento alle precipitazioni atmosferiche, la Corte di Cassazione ha escluso che si possa parlare di caso fortuito o forza maggiore quando il danno viene generato a causa dell’insufficienza delle misure per evitarlo”.
“A riprova di ciò – sottolinea la nota -, il Comune, solamente dopo l’allagamento avvenuto il 15 luglio (che, come documentato in corso di causa era solo l’ultimo in ordine di tempo) ha dato il via ad opere di manutenzione dei sistemi di drenaggio delle acque, a partire dal Canale di Passo di Rigano e del Canale ‘Mortillarò”.
“Sono lieto del risultato perchè i fatti di quella giornata, come di altre, potevano essere evitati – ha dichiarato Alessandro Palmigiano – managing partner di Palmigiano e Associati -. E’ inaccettabile che, a fronte di eventi ripetuti, secondo uno schema conosciuto, l’amministrazione non abbia fatto nulla per evitare che si ripetessero”.
foto ufficio stampa studio legale Palmigiano e Associati, da sinistra Alessandro Palmigiano ed Elisabetta Violante
(ITALPRESS).
Allagamenti del luglio 2020 a Palermo, il Comune condannato a risarcire una famiglia
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