La sindrome di Pitt-Hopkins è una malattia rara di origine genetica che determina una una disabilità intellettiva grave, una malattia ancora poco conosciuta ma che in tutto il mondo vede ricercatori impegnati per capire e conoscere quali sono interazioni della modificazione del gene Tcf4, responsabile della sindrome, con altri geni responsabili di altre malattie. In Italia al centro dei centri di ricerca nazionale che si stanno occupando di questa malattia c’è l’Irccs Agostino Gemelli dove, proprio questa mattina si è fatto il punto sulle terapie riabilitative, l’assistenza ai pazienti e la ricerca. Promosso dall’Associazione Italiana Sindrome di Pitt-Hopkins insieme ai medici dell’Istituto di Medicina Genomica dell’Università Cattolica, l’incontro, è nato dalla volontà di diffondere la conoscenza della sindrome di Pitt-Hopkins, dei suoi sintomi e delle possibilità di intervento per aiutare i bambini PH ad avere una vita migliore.
“A livello internazionale si sono cominciate a creare delle linee guida che riguardano i criteri della diagnosi, non basta un laboratorio per dirci come sarà un bambino; i criteri per capire i bisogni dei bambini nel tempo, i criteri per cosa fare per la prevenzione per problemi ortopedici o epilettici, un primo tentativo di standardizzare le terapie – ha spiegato la professoressa Marcella Zollino, docente presso l’Istituto di Medicina Genomica all’Università Cattolica, tra i relatori dell’incontro -. La sindrome è una malattia rara poco conosciuta e comporta un’importante problema di sviluppo e problematiche generali che richiedono assistenza quotidiana”.
Proprio il Gemelli è diventato il centro di coordinamento della ricerca nazionale e da quest’anno, anche grazie all’associazione delle famiglie dei piccoli affetti dalla sindrome, ha deciso di mettere a disposizione una borsa di studio di ricerca.
“Siamo centro di riferimento nazionale non soltanto per la diagnosi genetica di laboratorio – spiega la Zollino – ma anche per capirne i dettagli e le caratteristiche, per definirne l’identità e fare così un gesto di medicina di precisione. Abbiamo cominciato a conoscerla e abbiamo il dovere di diffondere le conoscenze che abbiamo acquisito e facendo rete si può arrivare a una ricerca che possa far conoscere i meccanismi genetici della malattia”. La sindrome è stata descritta per la prima volta nel 1978 ma è solo dal 2007, quando è stata individuata la base genetica, che sono aumentate le pubblicazioni scientifiche. Diversi sono gli studi aperti in tutto il mondo, che cercando di capire quali farmaci possano aiutare i pazienti ad avere una vita migliore. Le problematiche principali riguardano i ritardi di sviluppo motorio e cognitivo ma possono manifestarsi anche casi, nel 40%, di epilessia, che spesso può essere trattata con medicine, malattie respiratorie, 50% dei casi, e aspetti comportamentali.