A Roma le famiglie degli ostaggi israeliani rapiti da Hamas

ROMA (ITALPRESS) – Portare a casa tutti gli ostaggi, vivi e morti. È quello che continuano a chiedere i familiari dei rapiti da Hamas il 7 ottobre. Sono ancora 59 gli ostaggi israeliani nelle mani di Hamas, e una delegazione di familiari ha raccontato le loro storie nel corso di un incontro organizzato dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (Ucei).

“Idan era andato ad una festa di pace e amore, come mio figlio c’erano anche tutti gli altri giovani che erano andati a ballare a quella festa”: sono le parole di Eli Shtivi, padre di Idan.

“Durante la festa sono arrivati i terroristi di Hamas, i mostri, li hanno rapiti, torturati, ed è quello che stanno facendo da un anno e mezzo. Il mio obiettivo è quello di urlare al mondo ‘Basta Hamas'”, ha aggiunto.

Abbiamo un dovere morale: “riportare tutti a casa”, è il messaggio che lancia la delegazione delle famiglie degli ostaggi e dei rappresentanti della comunità ebraica. “Non è la prima volta che abbiamo i familiari degli ostaggi e delle vittime del 7 ottobre”, ha detto l’assessore alla comunicazione dell’Ucei, David Jona Falco, “ma se fosse possibile stabilire una graduatoria del dolore oggi la situazione è più tragica, le notizie giunte hanno dato per deceduti gli ostaggi. Vogliamo far conoscere quanto accaduto il 7 ottobre, avvertiamo che la società occidentale, e i media, non sempre colgono con completezza ed equilibrio la dinamica in Medio Oriente”.

Ben Levinson è il fratello di Shai, rapito nell’area di confine con la Striscia di Gaza, dal carro armato in cui stava combattendo: “un ragazzo di 19 anni, 19 anni che rimarranno per sempre, il 7 ottobre è andato a lottare. Mio fratello non è più in vita, il suo cadavere è ancora dentro Gaza, il significato del suo nome, in ebraico, vuol dire ‘regalo’, per me è stato veramente un regalo“. Per la comunità ebraica la questione dei rapiti è una questione umanitaria.

“Nessuno di loro ha fatto del male a nessuno, non si tratta di una battaglia personale ma di una battaglia di tutti noi”, dice Salem Alatrash, fratello di Muhammad, sottolineando che “non vogliamo avere questa guerra, non vogliamo più questa guerra, questo è terrorismo e non Islam”.

– Foto xc3/Italpress –

(ITALPRESS)

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