“La gravidanza sta diventando un processo troppo medicalizzato”. A dirlo è Magda Di Renzo, psicoterapeuta dell’età evolutiva responsabile del servizio Terapie dell’Istituto di Ortofonologia (IdO), che il 12 gennaio interverrà al corso per pediatri, psicologi e neuropsichiatri infantili dal titolo ‘Il neonato pretermine: la cooperazione multiprofessionale per affrontare la complessità’.
Il corso è promosso a Roma dal Sindacato italiano specialisti pediatri, in collaborazione con l’IdO e con i patrocini della Società italiana di pediatria (Sip) e della Società italiana di neonatologia (Sin) e continuerà nelle mattinate del 26 gennaio e del 23 febbraio.
“La maggior parte delle donne arrivano alla prima gravidanza ad età avanzata e ciò sta determinando un numero elevato di gravidanze a rischio, e sta modificando quel percorso immaginario che la madre e il padre iniziano a costruire prima ancora che il bambino venga concepito. In particolare – precisa Di Renzo – penso a tutte quelle situazioni di infertilità che richiedono una medicalizzazione della gravidanza, che inevitabilmente finisce per interferire nell’immaginario dei genitori”.
È provato che “le gravidanze pretermine abbiano un’incidenza maggiore nei casi di gravidanze gemellari e di gravidanze che hanno alle spalle problemi di infertilità. Un aspetto – sottolinea la psicoterapeuta – che non viene abbastanza evidenziato all’inizio del percorso. Non vengono, ad esempio, segnalati i rischi quali il parto prematuro, che in una percentuale abbastanza significativa rientrano anche nella prematurità grave”.
Con un parto prematuro “i genitori non hanno il tempo di elaborare l’immagine di un bambino ‘sano’. Questo attiva in loro dei sentimenti depressivi, una particolare ansia che li rende assolutamente impreparati – e lo sarebbe chiunque – a far fronte a un bambino sicuramente fragile”.
Le gravidanze a rischio che invece arrivano dopo situazioni di aborti “lasciano dentro dei lutti non elaborati. Un lutto non elaborato produce sentimenti depressivi che vengono proiettati sul bambino – aggiunge la psicoterapeuta – ed è importante che il pediatra sia consapevole che la madre arriva non equipaggiata ad utilizzare le sue energie. Arriva con l’idea di un bambino medicalizzato già nella mente, ancor di più se è prematuro”. Il pediatra deve, quindi, sapere se “sono presenti una serie di rischi in questi bambini, prematuri o non, che hanno a che fare con le stimolazioni precedenti. Sono note le conseguenze biologiche sui minori, come i problemi esofagei”.
Di Renzo si soffermerà al corso SISPe-IdO sul processo di mentalizzazione del genitore in contatto con un figlio che non corrisponde alle tue aspettative. “L’immaginario dei genitori si è spostato dal ‘Chissà come sarà nostro figlio’ al ‘Ce la faremo’. La gravidanza di fatto è medicalizzata e l’immaginario dei genitori è rivolto soprattutto alla prossima analisi – conclude Di Renzo – di fatto non riescono ad immaginare il figlio perché sono occupatissimi dalle analisi ed esami clinici che devono fare”.