SEEDORF “COPRIRE FISCHI CON 70MILA APPLAUSI”

Conosce benissimo il calcio italiano, ma anche quello europeo. Ha vinto tanto, in Serie A ha indossato le maglie di Sampdoria, Inter e Milan, da allenatore ha anche guidato i rossoneri, insomma Clarence Seedorf, olandese del Suriname e oggi ct del Camerun, conosce bene gli italiani ed è per questo che non definirebbe il nostro come un Paese “razzista, generalizzare è sempre sbagliato. Ma l’Italia non è esente dal problema del razzismo – spiega in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera -. Io di episodi sulla mia persona non ne ho mai vissuti. Nel mondo, quando mi muovo, riesco a rompere le barriere con chi incontro. Non sono cieco, ma non vedo il colore”. Seedorf ha un altro aspetto da segnalare. “La Uefa ha dato i numeri: nel calcio europeo, a livello manageriale (panchina inclusa), le minoranze sono meno del 3%. Le cifre parlano chiaro. A me interessa che ci siano tolleranza e eguaglianza di opportunità. E rispetto per tutti. La diversità non è un’opinione, è un valore aggiunto. Nel calcio lo è da molto tempo: le squadre con cui ho vinto tutto, per esempio, erano un simbolo di diversità. Il messaggio è da far passare anche con leggi adeguate, che costringano ad aprire gli occhi anche chi vuole rimanere ignorante”.
In molti pensano che sia giusto e doveroso fermare le partite quando partono i cori e gli insulti razzisti. “È sbagliato – dice Seedorf al Corriere della Sera -. Dell’episodio di Koulibaly in Inter-Napoli so tutto. Non ho parlato con Kalidou né con il mio amico Carlo Ancelotti, ma ho opinioni precise. Sono troppi anni che in Italia si accettano i cori razzisti che partono da piccoli gruppi di ultrà. Il 99% delle persone allo stadio sono veri tifosi, che hanno il diritto di assistere allo spettacolo per il quale hanno pagato. Non sono d’accordo con lo stop del gioco e l’uscita dal campo. Si deve intervenire con leggi adeguate, che permettano alle autorità di intervenire subito identificando i tifosi ed espellendoli, come si fa in Premier League: così l’Inghilterra ha risolto l’enorme problema degli hooligans. Ma non solo. Non tutti i giocatori hanno la forza emotiva di Dani Alves, che in risposta alle provocazioni razziste durante un Villarreal-Barcellona raccolse la banana che gli fu lanciata, la sbucciò e se la mangiò. Mitico. È quello l’esempio da seguire”. Koulibaly, però, non ha retto alla tensione e alla fine ha pagato con l’espulsione. “Bisogna essere superiori. Io avrei fatto due gol! Certo non tutti abbiamo la capacità di mettere in moto un circolo virtuoso da un episodio che ci ferisce, ma la sfida è proprio questa. Smettere di giocare significa dare ragione ai razzisti, fare il loro gioco. E, alla fine, rovinare la festa”.
“Tutto lo stadio dovrebbe applaudire: 70 mila persone che applaudono, neutralizzano i fischi di pochi. Mi è stato suggerito da un tifoso su Instagram. E poi intervenga lo speaker: metta della musica, degli applausi finti ad alto volume. Cancellerebbero tutto il resto. Davanti ai buuu razzisti tutti devono reagire, altrimenti si finisce per essere complici. E questo anche fuori dallo stadio”. Ssedorf ha collaborato con Melson Mandela. “L’ho conosciuto che era già anziano: mi ha scelto come uno dei Legacy Champions per continuare a trasmettere il suo messaggio alle generazioni future. Più educazione, più pace, più consapevolezza. E lo sport come meraviglioso strumento di integrazione sociale. Non sapere crea paura di ciò che non si conosce. Ma per sapere bisogna promuovere la diversità facendo vivere ai bambini diverse culture che li aprano al mondo anche attraverso politiche che guardino ai prossimi 15-20 anni. Loro sono il futuro e di certo non nascono razzisti”. Tornerebbe di corsa ad allenare in Serie A. “Mi piacerebbe. Ho due figli nati in Italia, che non sono bianchi e che a questo Paese, come me, sono affezionati”.
(ITALPRESS).

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