I sette anni in cui la crisi economica ha colpito più duramente la Sicilia (2008-2014) hanno lasciato un fardello pesante che tuttora grava sulle possibilità di ripresa. Il trend negativo si interrompe nel 2015 con una crescita del Pil dello 0,7%, che però si indebolisce nel biennio successivo (0,3% e 0,5% rispettivamente nel 2016 e 2017), mentre le previsioni per l’anno che sta per concludersi sono lievemente migliori e orientate su un aumento pari a quello meridionale (0,7%). È quanto emerge dal Notiziario di statistiche regionali sui Conti pubblici territoriali, realizzato dal Servizio statistica dell’assessorato regionale all’Economia, presentato alla stampa dal vicepresidente della Regione siciliana e assessore all’Economia, Gaetano Armao, insieme con i dirigenti Giuseppe Nobile e Giovanni Bologna.
Il recupero di prodotto a partire dal 2015 dovrebbe aggirarsi intorno a 2,2 punti percentuali, a fronte degli oltre 15 persi nel periodo di crisi, mentre fanno meglio Italia e Mezzogiorno (4,7% e 3,3% rispettivamente).
La ripresa del 2018 è stata sostenuta dalla domanda interna proveniente dalla spesa delle famiglie, cresciuta dello 0,9% in media negli ultimi 4 anni, e dagli investimenti (2,6%) mentre appare negativo l’andamento dei consumi della Pubblica Amministrazione.
Si registra una ripresa in Sicilia e in Italia del numero di immatricolazioni di nuove autovetture a partire dal 2014, dopo la forte caduta registrata negli anni della crisi. Le informazioni più recenti, riferite ai primi nove mesi del 2018, confermano la tendenza espansiva nell’Isola (+1,3 per cento) a fronte di una variazione negativa (-2,4 per cento) a livello nazionale.
Aumenta pure, nel primo semestre, la spesa turistica dei siciliani all’estero (più 7,1% secondo i dati della Banca d’Italia) ed è in ripresa il volume delle transazioni nel mercato degli immobili residenziali che nei primi nove mesi dell’anno registra un aumento dell’8,1% rispetto allo stesso periodo del 2017.
Positiva è la spinta alla crescita proveniente dalla domanda estera. A chiusura del 2017, dopo la flessione osservata nell’anno precedente, le esportazioni dell’Isola fanno registrare un’impennata complessiva del 30,4% a fronte di un +1,1% dell’Italia.
Tra il 2016 e il 2017 è migliorato il tasso di occupazione 15-64 anni, passando da 40,1 a 40,6 per cento. Il tasso di disoccupazione si riduce dal 22,1% al 21,5%, confermandosi, comunque, fra i valori più alti in Italia. La tendenza positiva permane nel 2018: a ottobre il tasso di disoccupazione è stato del 19,5%, a fronte del 20,4% dello stesso mese dell’anno 2017; quello di occupazione ha raggiunto il 41,0%, contro il 40,7% di dodici mesi prima.
Armao: “Nel 2019 i siciliani pagheranno meno tasse”
“Nel 2019 i siciliani pagheranno meno tasse, l’auspicio è che l’Isola possa essere sempre più attrattiva”, ha detto Armao.
Sul versante delle banche l’assessore ha precisato: “In Sicilia i tassi sono più alti, altrettanto le garanzie richieste: la conseguenza è che in Sicilia il credito costa di più rispetto al resto del Paese”. Per il vicepresidente “il residuo fiscale, a causa dei abbassamenti degli investimenti nel Mezzogiorno, si è fortemente attenuato in questi anni ed è, praticamente, scomparso, perché si è andata sempre più assottigliando la spesa pubblica rispetto al prelievo. Ma la cosa ancora più grave è che la gran parte delle imprese nazionali e internazionali che operano in Sicilia non lasciano un euro di imposta nell’Isola”.
“Pensiamo, per esempio, alle imprese energetiche, telefoniche, automobilistiche, alle banche: tutti quelli che forniscono servizi in Sicilia, non lasciano Ires, imposte, perché purtroppo non è ancora applicato lo Statuto, con la conseguenza che tutte queste imposte vanno, per esempio, in Lombardia. Questi dati – ha puntualizzato l’assessore – sono molto importanti per riflettere sul regionalismo differenziato che, secondo alcuni, sarà la secessione dei ricchi, mentre per altri, come il sottoscritto che è un regionalista convinto, una nuova frontiera del federalismo”.