“Spesso in Campania con il termine baby gang mettiamo dentro tutto: chi ha un disagio, chi vive la devianza o la microcriminalità. L’anno scorso circa 5mila adolescenti della nostra regione sono stati fermati, interrogati, portati a casa o nelle comunità o nelle carceri. Attualmente tra le carceri di Nisida e Airola ci sono 110 tra i 14 e i 18 anni. Sono tutto sommato pochi. Ma noi che facciamo per gli altri 4.800 che non vanno in carcere né in comunità? C’è una povertà educativa, una povertà culturale, sanno 50 parole e tutte in dialetto napoletano rispetto a chi ne conosce mille di una lingua straniera”. Il garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale della Regione Campania, Samuele Ciambriello, ha aperto così a Napoli il convegno “Liberare i minori e renderli adulti e responsabili”.
“Ho inteso mettere intorno allo stesso tavolo presidenti di tribunali, responsabili delle comunità residenziali per i minori, il procuratore del tribunale dei minorenni, responsabili nazionali e regionali della giustizia minorile e la politica perché il tema è sensibile: credo – ha aggiunto – che una società che giudica un minore, e dopo averlo giudicato lo mette in carcere, è una società malata che sta giudicando se stessa, la propria malattia, perché l’adolescente è il prodotto di quella società”.
Al centro del dibattito, al quale è intervenuto, tra gli altri, anche l’assessore regionale alle Pari opportunità, Chiara Marciani, che ha ricordato tutti gli investimenti regionali messi in campo per la formazione, c’è la riforma penitenziaria per i minori all’attenzione del governo nazionale. “La riforma – ha continuato Ciambriello – può significare più ore d’aria, più possibilità affettive, più telefonate e soprattutto più formazione professionale con tirocini all’esterno sia delle comunità che delle carceri. L’imperativo, per tutti, deve essere liberare i minori per renderli adulti e responsabili”.