Una storia che tanti dovrebbero vedere perché, per la prima volta, porta in tv un problema su cui mai, o quasi mai, ci si ferma a riflettere: il destino dei figli delle vittime di femminicidio, figli spesso piccoli che, quando l’assassino è il padre, rimangono in un istante senza genitori. Il direttore di Rai Fiction Tinni Andreatta spiega: “E’ una storia che mette la lente sulla fragilità e sulla debolezza dei bambini in queste situazioni. Edcè una storia straordinaria di ricomposizione emotiva”. La storia raccontata da “I nostri figli” (Raiuno, giovedì 6 dicembre in prima serata) ha anche il valore aggiunto di ripercorrere una storia vera che, finora, era stata al centro dell’attenzione di programmi come “Uno Mattina” e “La vita in diretta” ma non era mai diventata una fiction. Ci ha pensato Matteo Levi, produttore della 11 marzo film che, insieme a Rai Fiction, ha realizzato il film, scritto da Mauro Caporiccio e da Andrea Porporati che ne è anche il regista. La storia in questione risale al 2007 e si svolge tra la Sicilia, dove una donna viene uccisa dall’ex marito, e le Marche.
Qui, a Senigallia, vivono (usiamo i nomi dei personaggi della fiction) Roberto e Anna (rispettivamente Giorgio Pasotti e Vanessa Incontrada). Lui è il cugino della donna uccisa, il suo unico parente che, insieme alla moglie, decide nel giro di quattro ore di prendere in affidamento i tre nipoti, tre fratellini che non sanno ancora niente della tragedia che ha devastato la loro famiglia. La vita di Anna e Roberto è già di per sé non facile a causa delle precarie condizioni economiche ma i due non si lasciano spaventare dalle difficoltà, prima fra tutte quella di ritrovarsi con cinque figli invece dei loro due. E, soprattutto, quella di spiegare ai bambini come è morta davvero la loro madre. Carmelo Calì, il “vero” papà della storia racconta: “E’ stata una scelta istintiva, dettata da quello che era successo. In quattro ore abbiamo deciso e abbiamo portato a casa i ragazzi. All’inizio abbiamo pensato di avere fatto troppo, anche perché il mio lavoro è andato a picco. Ma la forza, la tenacia, l’amore che c’era a casa ci ha portato avanti. Tornando indietro, rifarei tutto quanto”. Con lui, la moglie Paola: “E’ vero, è stata una scelta istintiva. Forse, in maniera egoistica, ho pensato ai miei figli: mi sono chiesta cosa ne sarebbe stato di loro se una cosa del genere fosse successa a me”. E ho capito che dovevamo salvare quei bambini, non ho pensato al dopo”. Che, come mostra il film, non è stato sempre facile. Anzi: “Ormai in una coppia ci si lascia perché uno russa o perché l’altro ha sbagliato a comprare il latte. Carmelo e Paola invece, che considero due veri supereroi, dimostrano che l’unione è ancora uno strumento per realizzare progetti importanti. Conoscerli mi ha insegnato a lamentarmi di meno e a stare un po’ di più con i piedi per terra. Vorrei citare il maestro Ermanno Olmi: “L’arte deve aiutare a pensare”. Speriamo che questo film lo faccia”.
Vanessa Incontrada racconta di avere parlato molto con Paola (“Ho capito che aveva bisogno di essere ascoltata”) per capire come dare il meglio sul set: “Davanti a una storia come questa non puoi dire: “Lo farei o non lo farei” perché bisogna trovarcisi. Questa storia mi ha confermato ciò che già pensavo: bisogna vivere giorno dopo giorno, non mi faccio mai aspettative per il domani, anche perché la vita può cambiare in un attimo e devi avere la forza di affrontare quello che capita”. A proposito del femminicidio, punto di partenza della vicenda raccontata ne “I nostri figli”, l’attrice osserva: “Purtroppo viviamo in un mondo ancora molto maschilista ma noi continuiamo a lottare”.