A VENEZIA TORNA ALFONSO CUARON CON “ROMA”

Il titolo felliniano rimanda a una memorialistica incantata, ma “Roma”, il film con cui il messicano Alfonso Cuaron torna in concorso a Veneziza 75, è un progetto che tratta i ricordi come una materia viva, sospesa sul controluce di un’infanzia incastonata negli anni ’70 del quartiere di Città del Messico che dà il nome alla pellicola, in cui il regista è cresciuto con i fratelli, i genitori e le giovani domestiche indigene, che erano parte integrante della famiglia. Non è certo la prima volta che Cuaron maneggia le tracce autobiografiche della sua esperienza messicana: già “Y tu mamà también”, che proprio al Lido fu premiato per la sceneggiatura nel 2001, insisteva su un’adolescenza viva e vivace, come del resto il tema della famiglia e dei rapporti esistenziali su cui si basa la prima giovinezza sono centrali in un po’ tutta la sua opera. In “Roma”, però, mira a ricostruire l’affresco di un’epoca incrociando alla trama delle esperienze familiari le tracce di uno sfondo che è chiaramente il vero punto focale del film: il quartiere borghese, le strade di una città in fermento, gli echi delle espropriazioni dei territori alle popolazioni mapuche che rimbalzano dalla provincia, gli scontri studenteschi contro il governo di Gustavo Diaz Ordaz repressi violentemente dall’esercito, i prodromi del grande terremoto che di lì a poco più di un decennio avrebbe distrutto la città… Il tutto rientra nel quadro di questa storia familiare, costruita attorno alla grande casa in cui serve Cleo, la giovane domestica indios che si occupa prevalentemente dei quattro figli (tre maschi e una femmina) di questa grande famiglia medioborghese.

Il padre medico è ufficialmente in Quebec per degli studi, ma in realtà ha abbandonato moglie e figli per un’altra donna e la casa tira avanti con la sola forza di volontà della giovane madre, determinata a preservare la faccia di fronte al vicinato e a garantire la serenità dei figli. Cleo però è il punto focale su cui Cuaron costruisce la sua narrazione, testimone silenziosa di una vita condotta sul filo della semplicità e della serenità preservata nonostante tutto. Nonostante anche il piccolo dramma di essere rimasta incinta di un teppistello di quartiere che l’ha scaricata appena saputo della gravidanza… Inciso nei colori precisi di un bianco e nero che corrisponde ai contrasti emotivi su cui si puntellano i ricordi, “Roma” è un esempio magistrale di cinema della memoria che riesce a tenere insieme il ritratto d’epoca preciso e mai ridondante, il riecheggiare degli affetti e le tracce di una visione politica della società rievocata. Sorretto da un virtuosismo espressivo mai fine a se stesso, “Roma” conferma in Alfonso Cuaron un maestro versatile e impeccabile.

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