Istituzioni e Costituzione nella centrifuga della crisi politica fra le più drammatiche della storia della Repubblica. Si è spalancata una profonda faglia che contrappone non soltanto il Quirinale, ma anche l’Europa, al Movimento 5 Stelle e alla Lega.
I due partiti più votati alle elezioni del 4 marzo, e che coalizzati rappresentano la maggiorana parlamentare, hanno messo nero su bianco sul contratto-programma di governo interventi economici assolutamente non compatibili col baratro del deficit di bilancio e soprattutto hanno candidato al ministero dell’Economia il teorico dell’uscita dall’Euro e dall’Europa. Dopo il terremoto elettorale delle politiche, le scosse di assestamento protrattesi per oltre 80 giorni, con un groviglio di consultazioni, trattative e caccia al Premier, avevano fatto credere che alla fine la pazienza e il senso di responsabilità del Presidente della Repubblica fossero riuscite a ricondurre Lega e 5 Stelle nell’alveo costituzionale e del rispetto del contesto internazionale del Paese.
L’insistenza del tentativo di imporre il professore Paolo Savona all’Economia, ma anche lo stravolgimento dell’impostazione di ministeri strategici quali Sviluppo e Lavoro e la reiterazione di provvedimenti quali il reddito di cittadinanza e flat tax, che farebbero sprofondare di altri 300 miliardi i già disastrosi conti pubblici, hanno fatto saltare in extremis ogni possibilità di costituire un governo.
Nonostante la mediazione del Presidente del Consiglio incaricato non parlamentare, Giuseppe Conte, sulla designazione del quale si era consumato un primo braccio di ferro con il Quirinale, tutta l’impalcatura programmatica in rotta di collisione con Bruxelles del governo giallo verde è naufragata sugli scogli frangiflutti della diga costituzionale della Presidenza della Repubblica. Un avvitamento che scuote dalle fondamenta l’intero sistema politico. Un sistema politico che, a parte la Lega la quale avrebbe fin dall’inizio perseguito un preciso disegno strategico, si vede suo malgrado precipitato in una nuova campagna elettorale con lo stesso Rosatellum del disastro di marzo. La strategia di Salvini, talmente palese che il leader leghista durante un comizio pubblico in Umbria ha sconfessato il Premier incaricato mentre era a colloquio col Presidente Mattarella, è riuscita a intrappolare Di Maio e i 5 Stelle, a cacciarli in un vicolo cieco e a delegittimarli nei confronti dei loro stessi elettori.
Personalmente molto provato e addolorato per la morsa dei mercati e del contesto internazionale in cui si ritrova stretto il Paese, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, unico punto di riferimento, un’ancora essenziale per gli equibri davvero scossi delle istituzioni, dovrebbe procedere nelle prossime ore al conferimento, a una personalità di garanzia, dell’incarico di formare un governo neutrale per mettere in sicurezza il bilancio dello Stato e condurre il paese alla elezioni anticipate. Se fosse possibile con una legge elettorale in grado di garantire la governabilità. La terza Repubblica sembra essere svanita prima ancora di nascere. Mentre alla vigilia del 72° compleanno, sulla festa del 2 giugno sembra incombere una eclissi.
Gianfranco D’Anna