E’ morto, all’età di 86 anni, Ermanno Olmi. Nato a Bergamo, nel 1959 debutta sul grande schermo con il lungometraggio Il tempo si è fermato, storia incentrata sull’amicizia fra uno studente e il guardiano di una diga e ambientato nell’isolamento e nella solitudine dell’alta montagna. Profondamente legato alle proprie origini rurali e modeste, privilegia i sentimenti delle persone “semplici”, il rapporto con la natura, e spesso offre uno sguardo sulla solitudine e sulle sue conseguenze, da qui la scelta di lavorare con attori non professionisti.
Due anni dopo grazie a Il posto (prodotto dalla casa di produzione 22 dicembre, fondata dallo stesso Olmi con gruppo di amici) ottiene ottime recensioni da parte della critica. Il film ruota intorno alle aspirazioni di due giovani alle prese con il loro primo impiego. La pellicola si aggiudica il premio della critica alla Mostra del cinema di Venezia del 1961. Nel successivo film, I fidanzati (1963) si ritrovano ancora l’attenzione al quotidiano, alle cose semplici della vita, alle vicende del mondo operaio; il tutto intessuto da una vena intimista. Gira in seguito E venne un uomo (1965); un’attenta e partecipe biografia di Papa Giovanni XXIII, nella quale non si lascia trascinare da scontati agiografismi.
Nel 1977 Olmi realizza quello che molti considerano il suo capolavoro assoluto, L’albero degli zoccoli (1978), che si aggiudica la Palma d’oro al Festival di Cannes e il Premio César per il miglior film straniero. Il film getta uno sguardo poetico, ma allo stesso tempo realistico, privo di sentimentalismi, al mondo contadino, l’ambiente nel quale Olmi è nato e cresciuto e al quale è sempre rimasto legato. Si trasferisce da Milano ad Asiago, dove da quel momento risiederà. Nel 1982 a Bassano del Grappa fonda la scuola di cinema Ipotesi Cinema. Sempre nel 1982 dirige Camminacammina, allegoria sulla favola dei Re Magi.
Dopo una dura lotta contro una grave malattia, la sindrome di Guillain-Barré, che lo tiene a lungo lontano dai riflettori, nel 1987 Olmi dirige Lunga vita alla signora!, premiato al Festival di Venezia con il Leone d’Argento. L’anno seguente si aggiudica, invece, il Leone d’Oro grazie a La leggenda del santo bevitore, basata sull’omonimo racconto scritto da Joseph Roth adattato da Tullio Kezich e dal regista stesso. A differenza delle altre, si tratta di una pellicola per il mercato internazionale, girata in inglese e interpretata dall’olandese Rutger Hauer; l’ambientazione, poi, è a Parigi. Oltre al premio della rassegna lagunare, il film vince quattro David di Donatello.
Cinque anni dopo, nel 1993, gira Il segreto del bosco vecchio dall’omonimo romanzo di Dino Buzzati. Il film vede come protagonista Paolo Villaggio, un evento piuttosto raro per Olmi, che privilegia attori non professionisti. Nel 1994 dirige un episodio del vasto progetto internazionale Le storie della Bibbia, a cui partecipa anche la Rai, Genesi: la creazione e il diluvio. Nel 2001 dirige Il mestiere delle armi, film storico in costume presentato con successo al Festival di Cannes 2001 e acclamato a livello internazionale. Il film si aggiudica 9 David di Donatello 2002: “miglior film”, “miglior regista”, “migliore sceneggiatura”, “miglior produttore”, “miglior fotografia”, “miglior montaggio”, “miglior musica”, “migliori costumi” e “migliore scenografia”.
Nel 2003 approda in una Cina senza tempo per raccontare epiche vicende di pirati e di arrembaggi in Cantando dietro i paraventi, anch’esso acclamato dalla critica, che vede Bud Spencer come unico attore occidentale, insieme a Camillo Grassi, in un cast interamente orientale. Nel 2005 collabora con altri due grandi registi, Abbas Kiarostami e Ken Loach, nel film Tickets. Nel 2007 esce Centochiodi, che Olmi annuncia come il suo ultimo film di finzione, avendo deciso d’ora in poi di tornare a dirigere solo documentari. Nel 2008 riceve il Leone d’oro alla carriera alla Mostra del cinema di Venezia. Nel 2013 l’Università di Padova gli conferisce la laurea honoris causa in Scienze Umane e Pedagogiche per “la sua azione di valorizzazione delle radici culturali, della memoria, delle tradizioni, della grande storia e dell’esperienza quotidiana e delle piccole cose”.