di Franco Zuccalà
Marcello Lippi giovedì compie 70 ani. E’ diventato campione del mondo in modo inatteso. Ma, a posteriori, si puo’ dire che lui aveva la squadra, anzi uno squadrone che ora si e’ dissolto. Durante il ritiro tedesco di Duisburg, tutti i giorni le conferenze stampa di Lippi e degli azzurri erano caratterizzate dal pellegrinaggio di autorevoli colleghi di tutti il mondo che chiedevano sempre la stessa cosa: “Quanto influira’ lo scandalo delle scommesse sul rendimento della Nazionale?”. Il clan azzurro aveva stretto un patto e le risposte erano sempre le stesse: che i colpevoli erano fuori dal giro azzurro, e i fatti accaduti non scalfivano la serieta’ del gruppo, concentrato solo sulle partite da giocare ecc. Troppo facile. Cosi’ davamo noi risposte paradossali, ma sotto sotto scaramantiche: “E’ gia’ successo in Spagna nel 1982; gli scandali portarono fortuna all’Italia che vinse il titolo mondiale”. La risposta destava l’ilarita’ dei serissimi cronisti di Paesi privi assolutamente di “sense of humour” che credevano fosse una panzana, mentre incuriosiva altri che, quando l’Italia supero’ la Germania a Dortmund, facendosi strada verso la finale di Berlino, cominciarono a sospettare che fosse il solito trucco italico e che avevamo corrotto qualcuno o qualcosa. Figuratevi quando gli azzurri portarono a casa la Coppa del Mondo dopo l’espulsione di Zidane per la testata a Materazzi e segnarono i rigori decisivi contro la Francia! Il nostro rapporto con Marcello Lippi e’ stato sempre improntato a rispetto reciproco. Lo avevamo visto giocare nella Sampdoria di Bernardini e poi diventare giovane allenatore della Pistoiese e poi del Cesena.
Ma c’era stato un intoppo ai tempi della RAI, quando una volta andammo a raccontare Cesena-Sampdoria per la “Domenica Sportiva”. I giornali avevano lungamente insistito sulla somiglianza del bel Marcello con il grande attore Paul Newman. Lo scherzo (innocente) fu questo: lo mettemmo (grazie all’elettronica) davanti a uno specchio sul quale compariva Paul Newman sorridente che si compiaceva di somigliare… all’allenatore cesenate. Era una presa in giro che non piacque (a quanto pare) al tecnico. Un anno dopo i Mondiali di Germania andammo a intervistare Marcello Lippi per la tv svizzera. All’Hotel Principe di Piemonte di Viareggio ci parlò della sua voglia di tornare ad allenare, ma non prima di essersi goduto l’estate andando a pesca in giro per le isole più vicine alla sua Viareggio. L’amore per il mare dell’ex c.t. azzurro ci era stato decantato dal fratello Mario (“è la quintessenza del mare, Marcello”), che a Milano aveva un ben avviato negozio di abbigliamento a due passi dal Duomo. Mario ci aveva anche raccontato che nei giorni del Mondiale si sentiva spesso al telefono col fratello dopo le partite e ogni telefonata preludeva a un ulteriore passo avanti verso il traguardo finale. Una specie di rito scaramantico, insomma. Da poco era morta la loro mamma e Marcello avrebbe voluto dedicarle qualcosa d’importante. Cosa di meglio che vincere un titolo mondiale ?
Mario ci aveva raccontato anche della passione del fratello per il canto e per la pittura. Il c.t. campione del mondo da ragazzo era la disperazione del padre che lo mandava in giro a consegnare paste e bomboloni della sua pasticceria: “Marcello – ci aveva detto Mario Lippi – incontrava per la strada amici affamati che facevano strage di pasticcini. Ne partivano cento e ne arrivavano meno della metà, a destinazione”. L’ex ct lo ha confermato:“E’ vero, andavo in bicicletta a consegnare i pasticcini, come si faceva da ragazzi per dare una mano alla famiglia. Ma mi piaceva soprattutto scrivere sulle torte: Buon compleanno, Felice matrimonio, ecc.. Sapevo dipingere e in seguito ho persino fatto dei quadri, ma senza successo. Quanto al canto, mi piaceva imitare Sergio Bruni, Dino, Fred Bongusto ed altri. Il mio cavallo di battaglia era ‘Il mare’. Ma se non fossi entrato nel calcio, prima da giocatore e poi da allenatore, avrei fatto sicuramente il pasticciere”. A Viareggio, ci suggerirono di recarci al deposito dei carri di carnevale: in un hangar c’era un grande Lippi di cartapesta col sigarone in bocca e un galletto (francese) col collo tirato in mano. Era entrato nella storia del Carnevale viareggino insieme con papa Giovanni XXIII e Berlusconi.
Aveva avuto offerte per allenare all’estero. Anche dal Manchester United. “Ho gentilmente rifiutato – ci aveva detto – perché non parlo l’inglese. Mi piace avere un rapporto diretto col gruppo, con i giocatori, e questo è uno dei miei punti forti, professionalmente. Come potrei parlare con un giocatore per dirgli cosa penso e cosa voglio attraverso le parole dell’interprete ?”. Ci disse di non sapere una parola d’inglese. Evidentemente parlava il cinese, visto che ando’ ad allenare in Guangzhou, con cui ha rimpinzato la sua personale bacheca di successi con coppe e medaglie…a mandorla. Del resto ci aveva detto di non vedere l’ora di tornare a lavorare sul campo. Nessuno ha mai dimenticato la semifinale con la Germania e la finale con la Francia”. Momenti magici…“Due anni memorabili: da quando avevamo cominciato a formare il gruppo sino alla magia finale. Tutto andò bene perché avevo un gruppo eccezionale. Ci sono state difficoltà iniziali, ma è logico che la condizione migliora col passare delle partite. Dopo aver superato il girone preliminare, tutti cominciammo a crederci, ad acquistare convinzione dei nostri mezzi”. L’ex c.t. azzurro sembrava cambiato a un anno dal trionfo di Berlino. “Il re del mondo” e’ infatti diventato l’imperatore della Cina, dimostrando che quando uno e’ bravo, lo e’ ovunque. Gia’, Marcello Lippi. Il Mandarino.
(ITALPRESS)