RINUNCIA ALLA PROPRIETÀ, FENOMENO SU CUI RIFLETTERE

“Il nuovo Parlamento – e, quando ci sarà, il nuovo Governo – dovrebbero riflettere su un tema che il Sole 24Ore è tornato a trattare più volte in pochi mesi, a riprova della sua (sconcertante) attualità: quello della rinuncia alla proprietà degli immobili”. Lo scrive il Presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa, in un intervento sullo stesso quotidiano pubblicato questa mattina.

“Fino a qualche anno fa – rileva Spaziani Testa – sarebbe stato impensabile persino immaginare un fenomeno del genere. Ora, invece, capita che sempre più proprietari si informino sulle modalità con cui liberarsi di ‘beni’ che – in molti casi – non danno alcun reddito, sono fonti di spese e non hanno mercato, non essendovi nessuno disponibile ad acquistarli o a prenderli in locazione. È un fenomeno che fa il paio con un altro, quello del costante aumento delle cosiddette ‘unità collabenti’, vale a dire gli immobili ridotti in ruderi a causa del loro accentuato livello di degrado. Secondo gli ultimi rilevamenti dell’Agenzia delle entrate, rispetto al 2011 – ultimo anno pre Imu –  questi immobili sono aumentati del 70%, essendo passati da 278.121 a 474.165 (+196.044). Si tratta di costruzioni che costituiscono un vero e proprio peso per i loro proprietari, che in numero crescente li riducono in ruderi oppure li vedono finire in condizioni di fatiscenza”.

“È nello spropositato aumento della tassazione locale (patrimoniale) sugli immobili iniziato nel 2012 che risiede la principale causa dell’interesse per la rinuncia alla proprietà (unitamente – come rileva Angelo Busani sul Sole 24Ore del 26 marzo – alla ridotta capacità reddituale delle famiglie) – continua Spaziani Testa -. Il carico di imposizione fiscale abbattutosi sugli immobili a partire dal 2012, insomma, ha avuto i suoi effetti, e non poteva essere diversamente. L’Ici pesava per 9 miliardi di euro annui, l’Imu e la Tasi ne valgono circa 20/21 (dopo l’eliminazione dell’imposta sull’abitazione principale, con esclusione delle abitazioni in A1, A8 e A9). E se si aggiunge la Tari (rifiuti) – che in molti Paesi è compresa nell’imposta locale immobiliare – il conto arriva a più di 30 miliardi. Naturalmente, i due fenomeni evidenziati – rinunce alla proprietà e aumento dei ruderi – non sono la regola (anche se al di fuori dei centri medi e grandi la situazione è davvero critica). Tuttavia, il loro apparire avrebbe dovuto convincere la politica della necessità di intervenire. Se quella è la punta dell’iceberg, infatti, non è difficile immaginare che il resto del comparto non sia in salute – dice il presidente di Confedilizia -. E infatti il crollo generalizzato dei valori degli immobili è una realtà che ci distingue in negativo in Europa, per nulla mitigata da qualche annuncio di recupero nel numero di compravendite (che sono per lo più compra-svendite)”.

“E allora? Che fare? Dobbiamo rassegnarci a considerare gli immobili come un peso? No di certo. Possiamo agire. Occorre rimuovere i vincoli che impediscono al settore di essere motore di sviluppo dell’economia, incentivando l’investimento nell’immobiliare da parte di famiglie e imprese – dice Spaziani Testa -. L’onere tributario sul comparto deve essere certamente ridotto e reso equo. In sede locale va previsto un vero tributo sui servizi, deducibile dal reddito per tutti (come è in molti Paesi) e a carico di colui che occupa il bene, proprietario o inquilino che sia (in ossequio al buonsenso, oltre che in coerenza con quanto previsto all’estero). I locali commerciali devono essere salvati dalla condanna all’abbandono, attraverso l’introduzione di una cedolare secca sulla locazione di questi immobili (che nel settore abitativo è un successo) e mediante sgravi per le tasse comunali, con esenzione in caso di sfitto. Vanno stabilizzati gli incentivi per gli interventi di manutenzione, riqualificazione, efficientamento energetico e miglioramento sismico del patrimonio edilizio, oltre che stimolata la rigenerazione urbana. È necessario fornire ai locatori garanzie di rientrare in possesso dell’immobile in tempi certi in caso di morosità o a fine contratto. Occorre favorire lo sviluppo del turismo attraverso la proprietà immobiliare diffusa, così valorizzando anche il nostro esteso patrimonio di interesse storico-artistico. Bisogna intervenire e bisogna farlo presto”.

 

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