ROMA (ITALPRESS) – “Ho speso metà dei miei 61 anni per ideare e realizzare con i miei collaboratori un progetto che desse opportunità e dignità al movimento paralimpico italiano. Ho raggiunto quasi tutti gli obiettivi che mi ero prefissato, sono giovane e sento di poter dare ancora molto al mondo dello sport. Per questo motivo il prossimo 26 giugno mi candiderò alla guida del Coni”. In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, Luca Pancalli, annuncia la sua candidatura alla presidenza del Comitato Olimpico italiano. Dopo aver ufficializzato la decisione di lasciare il Cip, la corsa per la poltrona di massimo dirigente dello sport italiano.
“Le due decisioni sono disgiunte – spiega Pancalli – perché non voglio tenere aperte due strade. Con il Cip l’esperienza si è definitivamente conclusa con l’unico rammarico di non aver potuto ultimare foresteria e palazzetto dello Sport del Centro Federale delle Tre Fontane a Roma, compito che toccherà al mio successore. Se non troverò i voti necessari al Coni chiuderò serenamente la carriera: non ho paracaduti, non sono attaccato a una poltrona, ma piuttosto a una sedia a rotelle”.
Pancalli parla anche della vicenda Malagò, ovvero dell’attuale numero 1 del Coni. “Con Giovanni sono in ottimi rapporti e stiamo lavorando assieme per i Giochi di Milano-Cortina – spiega il presidente del Cip – ma il tempo scorre, ci sono già altri candidati e voglio avere lo spazio che serve per presentare il mio progetto. Sul limite dei tre mandati non ho mai cambiato idea: lo trovo sbagliato, credo che in democrazia conti solo il voto di chi ti elegge. Ma penso anche che le regole vadano rispettate. Il carattere di Giovanni lo conosciamo bene, come pure la sua esuberanza, la generosità e il contributo alla crescita dello sport azzurro, che è stato formidabile. La sua eredità non mi spaventa, io porterò la mia personalità e il mio carattere come avviene per ogni avvicendamento alla guida di un organismo politico. Più che al modo di esprimersi, vorrei che si guardasse al curriculum: oltre al Cip, sono stato vicepresidente del Coni per otto anni, commissario della Figc e della Federdanza e direttore dell’Istituto di Scienza dello Sport”.
La sua condizione non l’ha mai fermato e ai ruoli di vertice è abituato. “Ho vissuto a lungo sulla mia pelle: lo sguardo, il sorriso, le cose non dette ma che si capisce vengono pensate da chi vede e vedrà solo i limiti che può avere un presidente del Coni disabile”.
“Quando ho gestito la Figc – ha proseguito Pancalli – ho mostrato al Paese cosa può fare un disabile se viene messo in condizione di percorrere una strada con pari opportunità. Io però vorrei essere giudicato e criticato per il mio operato politico e non compatito o votato perché sono seduto su una carrozzina”.
Il programma da portare avanti in caso di successo ce l’ha già chiaro in mente. “Lavorare per il bene dello sport italiano in un contesto dove, con il positivo ingresso di Sport e Salute, sono cambiate sia le regole del gioco che i giocatori. La cura dei rapporti con le federazioni, la necessità di trovare spazi e denaro per favorire i praticanti, la gioia nel vedere il sorriso di un bambino che gioca o gareggia per la prima volta e quella per la vittoria di una medaglia olimpica sono perfettamente uguali nei due mondi. Il momento più alto della mia carriera è stato aver ottenuto l’equiparazione delle carriere militari degli atleti paralimpici ai normodotati: in quel momento ho capito che tramite lo sport e l’agonismo si può lanciare a tutto il Paese un enorme messaggio di pari dignità. Il mio motto è sempre lo stesso: si può fare, si può fare tutto”.
-Foto Ipa/Agency-
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