PALERMO (ITALPRESS) – Importante colpo nel contrasto alla criminalità organizzata, con un maxi blitz effettuato dai carabinieri contro mandamenti mafiosi di Palermo. Un’operazione, che ha portato a 183 provvedimenti restrittivi nei confronti di boss e uomini d’onore, coordinata dal procuratore Maurizio de Lucia e dalla procuratrice aggiunta Marzia Sabella. “Esprimo il mio compiacimento per il lavoro svolto e per quello che svolgono giornalmente per il contrasto di cosa nostra, che è attiva e presente e dialoga con canali di comunicazione diversi dal passato – ha affermato il procuratore Maurizio De Lucia in conferenza stampa -. Erano persone tutte attive in questo senso. L’organizzazione mafiosa fa affari e cerca di ricostituire l’esercito per tornare potente come in passato, me tre lo Stato effettua un attivista di contrasto significativo”.
Complessivamente sono stati impegnati 1.200 Carabinieri provenienti dai Comandi Provinciali della Sicilia, dal Reparto Anticrimine del ROS di Palermo, dai “baschi rossi” dello Squadrone Eliportato Cacciatori di Sicilia, dal 12° Reggimento “Sicilia” (tra gli altri, personale specializzato della “Compagnia di Intervento Operativo” e delle “Squadre Operative di Supporto”) e dal 14° Battaglione “Calabria”. L’operazione, che si è svolta con la copertura dal cielo di un velivolo del 9° Nucleo Elicotteri di Palermo, ha visto anche la partecipazione di personale delle “Aliquote di Primo Intervento” del Gruppo di Palermo nonché delle unità cinofile antidroga e anti esplosivo di Palermo Villagrazia e Nicolosi (CT).
“È un momento complicato per la vita di Cosa Nostra – ha aggiunto De Lucia – e noi cerchiamo di renderla sempre più complicata attraverso una serie di interventi che da un lato servono a contrastare l’organizzazione ma dall’altro servono anche a processare e per processare ci vogliono naturalmente le prove una serie di soggetti che ne sono partecipi quindi le due cose vanno in qualche misura tenute distinte la responsabilità dei singoli e la responsabilità dell’organizzazione. Noi abbiamo cercato di portare, porteremo a processo i soggetti che sono in custodia cautelare ma intanto riteniamo di avere ottenuto un risultato importante nella misura in cui siamo riusciti in un solo momento a neutralizzare una parte importante di Cosa Nostra”.
Mezzo fondamentale per le organizzazioni sono diventati i telefoni criptati, hanno creato delle community ristrette nelle quali i personaggi più influenti possono discutere degli affari criminali senza i rischi che comportano gli incontri “in presenza”. Questo sistema di comunicazione ha reso possibile il dialogo, costante e riservato, non solo con i trafficanti di droga ma anche tra i vari mandamenti: “Naturalmente l’evoluzione tecnologica non riguarda soltanto i cittadini, riguarda anche le organizzazioni mafiose. Le organizzazioni mafiose sono ricche, quindi sono in grado di acquisire know-how e strumenti che le consentono di aggirare le azioni investigative dello Stato, che sono naturalmente in ritardo rispetto all’evoluzione di Cosa Nostra, perché quella è una struttura che non è vincolata dalle regole alle quali lo Stato invece deve rispondere”.
“Questa è un’organizzazione che cerca di essere moderna a continua a essere tradizionale – continua – Le regole sono fondamentali, senza le regole non c’è Cosa Nostra e da qui il ruolo dei soggetti più anziani è importantissimo. Permeabilità del sistema carcerario? Non l’abbiamo dimostrato noi. Per la verità purtroppo è un dato ricorrente la presenza, denunciata anche da molti altri colleghi in tutta Italia, di telefoni che circolano liberamente all’interno delle carceri, che non si riesce a limitare in questa presenza all’interno delle carceri e ovviamente se ci sono i telefoni c’è la possibilità di comunicare”.
Presente alla conferenza stampa anche il Procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo: “Si è lavorato in silenzio a più indagini, con cinque giudici che hanno lavorato. Emerge un dato di estrema debolezza del circuito penitenziario di alta sicurezza, l’indagine rileva ciò che emerso anche in altre indagini. I mafiosi detenuti riescono a comunicare, è un tema delicato e bisogna aprire una riflessione profonda. Il circuito della sicurezza è assoggettato al dominio delle organizzazioni criminali in cui i detenuti godono di intatta capacità di comunicazioni. Per il mafioso il carcere è una normale opzione, per questa ragione riuscire a riprodurre i ruoli è altro dal sistema penitenziario è fondamentale per la tenuta dei vincoli di omertà del gruppo criminale. Cosa nostra è lungi dall’avere abbandonato le pretese di ricostruire il tessuto di relazioni e di solidarietà, non solo interne, che per decenni ne ha giustificato la posizione di dominio, in gran parte del territorio italiano”.
Melillo si sofferma anche sull’importanza della droga per le organizzazioni criminali: “Cosa nostra sta cercando risollevare le proprie sorti entrando in sistemi di relazioni molto ampi. Il ritorno del traffico stupefacenti, in particolare la cocaina, rivela chiaramente che Cosa nostra ha una connessione profonda con gruppi criminali che controllano questo traffico e in tal senso c’è un rapporto stretto con la Ndrangheta. La questione mafiosa va collocata al centro del dibattito pubblico che riguarda anche, ma non soltanto, la politica. Se il governo sta facendo di tutto per la lotta alla mafia? Tutti possono fare di più…”.
A tracciare il punto, infine, il Comandante provinciale Carabinieri Palermo Luciano Magrini: “Tutte le persone colpite dal provvedimento sono state assicurate alla giustizia. Nel corso delle perquisizioni è stata rinvenuta una pistola, oltre 100 mila in contanti, cocaina e apparecchiature elettroniche. Tecnologia? Anche noi dobbiamo essere al passo con i tempi perché ovviamente le cose evolvono e per contrastarle bisogna essere in grado di dominare anche questi nuovi strumenti che la tecnologia ci mette a disposizione”.
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