ROMA (ITALPRESS) – Il 10 febbraio, in occasione della Giorno del ricordo (istituito in memoria delle vittime delle Foibe), Rai1 propone in prima serata “La bambina con la valigia”, tv movie tratto dall’omonimo libro di Egea Haffner e Gigliola Alvisi e diretto da Gianluca Mazzella.
Il film ripercorre la vicenda di Egea che, in una vecchia foto in bianco e nero, è diventata un simbolo dell’esodo giuliano-dalmata: in quello scatto la bambina non ha ancora cinque anni, è vestita a festa e tiene in mano una valigia su cui è scritto “esule giuliana” n. 30001. Lei non lo sa ma fa parte del gruppo di circa 30 mila persone prelevate, nel 1946, dalle loro case di Pola dalle milizie del maresciallo Tito e mandate lontano dalle città italiane che, con la sconfitta del nostro Paese nella Seconda guerra mondiale, erano passate sotto il dominio della Jugoslavia. E’ il culmine di una tragedia iniziata nel 1944 con i bombardamenti sulla sua città e proseguita, a dispetto della gioia di tutti per la fine della guerra, con la persecuzione dei “Titini”, l’esercito messo in piedi dal maresciallo Tito che occupa tutta la regione giuliana fino ad allora parte dell’Italia fascista. E’ proprio durante un brindisi per la fine della guerra che inizia il dramma della famiglia di Egea (interpretata nelle diverse età da Petra Bevilacqua, Sinead Thornhill e Roberta Sferzi), con due uomini in divisa che bussano alla porta della villa degli Haffner per prelevare il padre Kurt (Andrea Bosca): è solo un controllo dicono, mentre lui promette alla figlia di tornare in tempo per fare colazione con lei la mattina dopo. Kurt non tornerà e, in seguito alle numerose aggressioni nei confronti degli italiani Egea è costretta a lasciare la sua terra e affrontare un futuro incerto a Bolzano, accudita dalla nonna Maria (Sandra Ceccarelli) e dalla zia Ilse (Sara Lazzaro), che l’ama come una figlia, mentre la madre Ersilia (Claudia Vismara) sceglie di trasferirsi in Sardegna per aprire un negozio di parrucchiera ed emanciparsi dalla famiglia Haffner, dalla quale non si è mai sentita accettata.
«Quando qualcuno è costretto a lasciare la propria terra è sempre una tragedia – afferma il regista – Questa storia va raccontata perchè certe tragedie non si ripetano». Con Mazzella è d’accordo Andrea Bosca: «Questa storia racconta che la guerra, dal Novecento in poi, non si può più definire una guerra tra eserciti perchè si ripercuote sulle famiglie e, prima di tutto, sui bambini che priva dei loro diritti. Tutti vogliamo fare colazione il giorno dopo ma ancora oggi a Gaza o in Ucraina c’è chi perde la casa e la famiglia, la lezione della storia non è stata ancora compresa. Noi artisti abbiamo il dovere e la responsabilità e il dovere di raccontare storie come questa perchè la storia continua a ripetersi e noi dobbiamo fare in modo che non si ripeta più».
Oltre all’esilio forzato, come dicevamo, Egea subisce anche la perdita della madre: «Ersilia è uno dei personaggi che ho più amato nella mia carriera – racconta Claudia Vismara – E’ passionale, verace, impulsiva, sfrontata e vive un profondo struggimento quando affronta la scelta difficilissima di lasciare la figlia perchè è divisa tra l’amore profondo per lei e il suo bisogno di indipendenza. E’ anche una donna molto moderna – prosegue l’attrice – Fa la parrucchiera ed è di ceto sociale diverso dagli Haffner, cosa che è sempre stata un problema in famiglia. Quando si sente in grado di tornare a prendersi cura della sua bambina, questa ormai è cresciuta e zia Ilse è diventata mamma più della mamma biologica. E questo è un altro tema importante che ci pone questo film».
Il film è piaciuto molto alla vera “bambina con la valigia”: «Ho pianto guardandolo, ho consumato diversi fazzolettini – dice Egea Heffner – Mi ha emozionato rivedere la scena della fotografia, quando lo zio arriva con la valigetta e tutti mi guardavano. Io ero scocciata perchè mi dicevano: “Mettiti qua, mettiti là”. E mi ha emozionato la scena in cui il palloncino vola e mio papà mi prende in braccio. Ricordo ancora quando mi prendeva in braccio e correvamo al rifugio, sentivo il profumo della sua colonia». Egea ricorda come «uno choc» la sua vita da esule: «All’arrivo a Bolzano dormivamo nel negozio dello zio, mettevamo i materassini a terra dopo la chiusura» dice. E uno choc è stata anche la sua esperienza nella scuola delle suore marcelline da cui è stata trattata molto male: «La madre superiora era molto austera e aveva sempre vicino a sè un doberman che incuteva paura. Era tutto fuori del normale. Io cercavo di essere brava a scuola per ricevere la medaglia ma non me l’hanno mai data – racconta – Un giorno dovevo fare una recita per la festa della Madonna e mia zia mi aveva preparato con un vestito di organza e le roselline in panno lenci. Quando sono arrivata a scuola, però, una suora mi ha portato in una stanza, mi ha tolto il vestito per darlo a un’altra bambina e a me ha dato una gonna grigia di fustagno e una camicia bianca troppo grande». E, ancora: «Una volta portai a scuola un mazzo di fiori che avevo colto per strada. Lo diedi alla suora ma lei lo buttò nel cestino. Poi prese i fiori che un’altra bambina aveva preso dal fioraio e mi disse: “Vedi come si portano i fiori?”. Non sono state umane con me e sono cose che non si dimenticano».
“La bambina con la valigia” è una produzione Clemart in collaborazione con Rai Fiction.
-foto ufficio stampa Rai-
(ITALPRESS).
La Rai ricorda le vittime delle foibe con il film “La bambina con la valigia”
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