di Raffaele Bonanni
ROMA (ITALPRESS) – La convivenza pacifica tra i popoli rappresenta il bene più prezioso e la base imprescindibile per lo sviluppo umano ed economico. In un contesto di pace, le energie umane e materiali possono essere canalizzate verso la ricerca scientifica, il progresso economico, la cura della salute, la valorizzazione delle arti e lo sviluppo delle produzioni e dei commerci. Al contrario, la guerra annienta tutto ciò che il genio umano è in grado di creare: distrugge opere, risorse faticosamente accumulate e, soprattutto, vite umane. In modo diabolico, cancella l’umanità delle persone, spezza destini e devia irreparabilmente il cammino della vita, dono prezioso dell’Onnipotente. La pace, dunque, non ha prezzo: la sua mancanza provoca sofferenze incalcolabili – morali, economiche ed esistenziali – spesso impossibili da riparare.
Tuttavia, la pace non si ottiene con meri proclami: richiede attenzione, vigilanza, cura e discernimento quotidiani. È simile a una pianta da frutto, che cresce rigogliosa solo se protetta da elementi nocivi e curata con dedizione. Quando si ammala, necessita di interventi tempestivi e, in alcuni casi, drastici; altrimenti, rischia di appassire e morire. La pace può essere compromessa in molti modi e per svariate ragioni, così come esistono diversi percorsi per riconquistarla. Le guerre possono scaturire dall’avidità e dall’aggressività di chi vuole conquistare e sottomettere, o possono essere una risposta disperata per difendersi. Non riconoscere queste sfumature prolunga i conflitti e rende più arduo il raggiungimento di compromessi per una pacifica convivenza.
Proclamarsi sostenitori della pace senza giudicare o intervenire contro ciò che la minaccia fin dai primi segnali di violenza è una forma di incoscienza che può sfociare in complicità con l’aggressore. Si pensi, ad esempio, alla Russia: prima di aggredire illegalmente l’Ucraina, aveva già invaso la Georgia e la Cecenia. Ancora prima di dirigere i carri armati verso Kiev, tre anni fa, aveva occupato la Crimea, otto anni prima, tra l’indifferenza generale. Tali azioni, che violavano apertamente i trattati internazionali, non suscitarono proteste significative né nelle piazze né nelle cancellerie diplomatiche o presso le Nazioni Unite. Questo disinteresse, forse, ha contribuito a incentivare l’attuale conflitto sanguinoso.
Oggi si invoca insistentemente la pace, ma senza una definizione rigorosa dei termini, questi appelli rischiano di trasformarsi in segnali di debolezza, che Putin potrebbe interpretare a proprio vantaggio.
Un esempio concreto è rappresentato dalle dichiarazioni di Donald Trump, che durante la sua campagna elettorale ha ripetutamente enfatizzato la necessità di interrompere le ostilità. Tuttavia, queste affermazioni non hanno incoraggiato la Russia a ridurre le operazioni belliche; anzi, sono state percepite come un segnale di isolamento dell’Ucraina. Non sorprende, quindi, che i bombardamenti abbiano raggiunto un’intensità senza precedenti dall’inizio del conflitto. Inoltre, la richiesta di supporto da parte di un “paese canaglia” come la Corea del Nord, destinata a fornire truppe e armi alla Russia, ha suscitato silenzi imbarazzanti persino all’interno dell’ONU.
La nostra speranza, ora e sempre, è la pace. Ma la pace richiede vigilanza e responsabilità. Come ammonisce il Vangelo di Matteo (10,16): “Siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe”. L’eremita Santa Sincletica ci invita a riflettere su questa metafora: essere prudenti come serpenti significa dirigere il pensiero con saggezza contro le insidie, mantenendo purezza e fermezza d’animo. Solo con una tale combinazione di astuzia e integrità si può custodire e coltivare la pace.
– Foto Agenzia Fotogramma –
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