Chialà “L’arte può essere strumento di innovazione sociale”

ROMA (ITALPRESS) – “La mia missione di vita è dimostrare che l’arte può essere uno strumento di innovazione sociale, per far star meglio le persone: cerco di realizzare delle performance per ricordare quello di cui i media non parlano più”. Lo ha detto la bodyperformer Francesca Chialà, intervistata da Claudio Brachino per la rubrica “Primo Piano” dell’agenzia Italpress. Chialà, attivista per i diritti umani, è anche fondatrice del movimento artistico “La festa delle sette arti” che “promuove i diritti umani, sociali e ambientali: ogni performance che realizziamo mette insieme le diverse arti e anche diversi sport, con finalità concrete, supportando diverse associazioni – soprattutto quelle meno visibili – e coinvolgendo un pubblico variegato. Promuoviamo l’economia del dono e la cultura della solidarietà: non chiediamo né soldi alle istituzioni o alle imprese, ma tutto il lavoro si basa sul dono degli artisti e degli atleti sportivi che partecipano gratuitamente a questo lavoro. Anche i media ci aiutano tantissimo: più visibilità abbiamo, più le istituzioni si prendono carico delle questioni su cui noi alziamo l’attenzione”.
La prima performance sul Tevere, il 14 maggio 2022, in occasione della giornata nazionale del malato oncologico “è stata la prima in cui ho introdotto lo sport, quando ho scoperto che il canottaggio è lo sport più efficace per le donne malate di tumore al seno. Dopo questa scoperta, ho messo insieme più obiettivi: da una parte ho aiutato un’associazione a ottenere l’acquisto dell’otto iole, l’imbarcazione per poter uscire in acqua, e dall’altra abbiamo fatto ripulire il Tevere”. Poi, quando è scoppiata la guerra in Ucraina “abbiamo dipinto 120 metri di tele con i bambini delle scuole pubbliche montessoriane di Roma, promuovendone anche il modello educativo che mette al centro il bambino, la sua creatività e la sua libertà”.
Inoltre “abbiamo fatto diverse iniziative per la Palestina: abbiamo organizzato un tour tra l’Italia e la Terra Santa con un’orchestra sinfonica di bambini e ragazzi di tutti i paesi del mondo, tra cui israeliani e palestinesi, e abbiamo aiutato i bambini palestinesi sordi. La sordità in Palestina è una malattia genetica perché si sposano tra consanguinei: quando siamo stati da loro, una bambina sorda ha messo la mano sul violoncello, percependo per la prima volta il ritmo, ha cominciato a ballare”.
All’Arsenale di Venezia “ho cercato di far ricordare le guerre dimenticate, coinvolgendo gli atleti del CIO, i rifugiati politici dell’Ucraina, dell’Afghanistan e dell’Iran. Il giorno della performance combaciava con il secondo anno dall’uccisione della ragazza curda a Teheran: dopo il momento iniziale in cui tutti si tagliavano i capelli, non se ne è parlato più. Cerco di utilizzare queste performance che realizzo” per tenere alta l’attenzione, “anche coinvolgendo la comunità afghana e la comunità iraniana a Venezia, cercando sempre di mettere insieme lo sport con l’arte”. A Venezia ha presentato la Donna Vitruviana, “una scultura-mosaico in vetro di Murano e foglie d’oro che vuole essere la sintesi di Oriente e Occidente: il messaggio dell’opera è che il pianeta potrà essere salvato solo da donne e uomini insieme e in equilibrio”. Per Chialà “ogni volta che faccio una performance, per me è un momento di introspezione ma soprattutto un momento di elaborazione: penso che sia uno strumento straordinario per far lavorare gli adolescenti con il proprio corpo e per entrare in relazione con il corpo altrui. In primavera faremo una grande performance in un posto meraviglioso sull’Appia antica, insieme a questi ragazzi che vivono situazioni drammatiche”.

– foto Italpress –
(ITALPRESS).

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