Prix Italia, Rai Documentari presenta “Il mio nome è Battaglia”

MILANO - MILANO - LA FOTOGRAFA LETIZIA BATTAGLIA, ALL' APERTURA DELLA MOSTRA FOTOGRAFICA IMMAGINI INQUIETANTI ALLA TRIENNALE DI MILANO - 2010-10-18 (MILANO - 2022-05-05, Duilio Piaggesi) p.s. la foto e' utilizzabile nel rispetto del contesto in cui e' stata scattata, e senza intento diffamatorio del decoro delle persone rappresentate

TORINO (ITALPRESS) – “L’organo della vista non è l’occhio ma la mente, il cuore. E lei aveva un cuore e una mente diversi da tutti gli altri”: così l’ex magistrato (oggi senatore della Repubblica) Roberto Scarpinato ricorda Letizia Battaglia nel documentario “Il mio nome è Battaglia” presentato questa mattina al Prix Italia, in svolgimento a Torino, e in onda su Rai3 venerdì 4 ottobre. Frutto di una coproduzione tra Rai e France Tèlèvision, prodotto da Zenit Arti Audiovisive e scritto e diretto da Cècile Allegra, il documentario ripercorre la vita della grande fotografa fin da quando, sposata a sedici anni, si trova rinchiusa nel ruolo di donna e madre nella Sicilia patriarcale degli anni ’60. Affrontata una grave depressione grazie alla psicoanalisi, Letizia divorzia e parte per Milano dove diventa fotogiornalista e documenta la rivolta dei movimenti studenteschi e la vita degli emarginati. Nel 1974 viene richiamata in Sicilia dal giornale L’Ora: sono anni di sangue per Palermo dove il clan dei Corleonesi – Totò Riina, Bernardo Provenzano e Leoluca Bagarella – combattono per la conquista del potere. Letizia documenta tutto questo: fotografa i morti ma anche la quotidianità della malavita e i suoi effetti collaterali, le donne in lutto, i bambini.
In seguito, negli anni ’80, prima segue il lavoro del pool antimafia di Falcone e Borsellino, fotografando gli arresti e i processi ai mafiosi e, poi, si impegna in politica al fianco del sindaco di Palermo Leoluca Orlando per combattere la corruzione. Cerca di ridare vita ai quartieri storici della città e si avvicina agli abitanti più disagiati. Lavora anche come volontaria nell’ospedale psichiatrico. L’inizio degli anni ’90 coincide con l’inizio del suo inferno personale: prima la strage di Capaci poi quella di via D’Amelio che lei si rifiuta di fotografare, decidendo di non recarsi mai più sulle scene del crimine; la chiusura del giornale L’Ora e la morte di sua madre. Letizia parte per un viaggio in Groenlandia e, quando torna, si dedica a fotografare solo i bambini e le donne che, in prima linea nella lotta contro la mafia, rappresentano una speranza di pace e di giustizia.
“‘Il mio nome è Letizia Battaglià è il ritratto di una donna appassionata, piena di speranza e di entusiasmo, che non ha mai smesso di combattere per le sue idee – dice il direttore di Rai Documentari Fabrizio Zappi – Il racconto della sua storia da un lato si inscrive nella nostra linea editoriale perchè è il ritratto di un personaggio di eccellenza che ha contribuito al progresso civile del progresso civile del ns Paese e, dall’altro, contribuisce a rinsaldare il legame di Rai con France Tèlèvision con cui negli ultimi tre anni abbiamo sviluppato un rapporto molto proficuo di coproduzioni che è sfociato nella costituzione di un progetto di collaborazione duraturo”. Da questo progetto (e dal relativo concorso pubblico per società di produzione italiane e francesi) che riguarda “progetti dedicati alla geopolitica, alle storie di grandi personaggi della storia europea e vicende sportive che riguardano i nostri Paesi” sono già scaturiti due titoli in lavorazione dedicati, anticipa Zappi, al Teatro La Scala di Milano (con la sua storia e il racconto della preparazione della prima della prossima stagione) e alla storia dei rapporti tra le Nazionali di calcio di Italia e Francia, “con le vittorie, le sconfitte, le provocazioni e altro, con il racconto di esperti e degli stessi protagonisti”.

foto: Agenzia Fotogramma

(ITALPRESS).

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