ROMA (ITALPRESS) – Pare che la situazione ingarbugliata di Arcelor-Mittal volgerebbe verso soluzioni, seppur problematiche, che potranno limitare i danni e non far del mega opificio tarantino il dramma sociale e di immagine in un mondo che va ad investire dove è conveniente e semplice farlo. È stato detto che gli indiani che ora detengono la maggioranza delle azioni, pur indisponibili ad investire per rilanciare la produzione, cederebbero controllo azionario e leadership alla parapubblica società Invitalia.
Si potrebbe così coltivare il proposito di ricreare le condizioni necessarie per interessare nuovi investitori, ricominciando, si spera, una fase radicalmente nuova e positiva. Per questo obiettivo, assai importante per le tante migliaia di persone che vi lavorano, occorre certamente avere qualcuno che conduca le produzioni con poteri che per semplicità possiamo definire commissariali, e con pesanti provviste finanziarie.
E tuttavia non basta a rilanciare l’ex Ilva dal manicomio più grosso che si sia mai visto in una industria. In primo luogo la permanenza nel board di Arcelor-Mittal, che seppur ridotto, non credo avrà l’interesse a produrne acciaio in grandi quantità in Italia per farsi da sola concorrenza ai danni dei grandi quantitativi in produzione in India. A tale proposito bisognerebbe accertare quale è stato lo spirito ispiratore di chi li ha introdotti nelle produzioni italiane, come il rifiuto di concedere lo scudo penale sul pregresso. L’altro tema riguarda il costo dell’energia, datosi che sono produzioni altamente energivore. In Italia ricordo che per scelte scellerate soprattutto di coloro che si battono il petto per la perdita di posti di lavoro, l’energia ci costa di più per l’abbandono del nucleare. In aggiunta, doppio salto, bisognerebbe abbandonare in larga parte altiforni a carbone e produrli con forni elettrici che non credo renderà concorrente il nostro acciaio nel mercato internazionale e nazionale.
Altro nodo riguarda i magistrati che entrano ed escono nella fabbrica, come è accaduto giorni fa nel pieno dei guai. Qualcuno dovrà pur spiegare, che non può essere una variabile continua nelle vicende economiche, pur nel rispetto della indipendenza, ma non di autonomia rispetto ai poteri della Repubblica a partire da proprio Ministero per ottenere soluzioni di compatibilità tra occupazione ed ambiente. Questi quesiti vanno posti e chiariti da ora con un accordo tra parti sociali e governo. Infatti troppi governi passati hanno scambiato interviste televisive per gestioni di politiche industriali, ed alcuni sindacalisti in ambientalisti giustizialisti, invece di occuparsi di salari, dei fattori dello sviluppo, dunque di competitività da cui si ottiene stabilità lavorativa.
– foto: Agenzia Fotogramma –
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