ROMA (ITALPRESS) – In molti si sono chiesti se valeva la pena organizzare uno sciopero generale con punte massime del 6,5% tra gli insegnanti, ferrovieri e pubblico impiego dopo una querelle infinita. Il risultato negativo è nelle cose: la percezione di un sindacato indebolito e velleitario; di uno strisciante appoggio alla opposizione politica; di un solco vistoso con la Cisl, con manifesta incapacità di rappresentare il pluralismo sindacale. Eppure i problemi dei lavoratori italiani sono assai evidenti, somma della irresponsabile incustodia dei fattori dello sviluppo che dura da anni ed anni. I salari sono i più bassi tra le economie nostre pari, il welfare diventa sempre più precario ed insufficiente, le prospettive per la stabilità dei posti di lavoro assai problematiche. Tuttavia, in luogo di ingaggiare una battaglia sociale di merito su ogni fattore mal messo che ci procura guai, si va a dar man forte alla sciagurata e persistente tendenza di buona parte della politica di raccontare ciò che non va, senza però indicare il modo di uscirne.
Nella sostanza il paese è vittima dell’oscuro incantesimo che tende a far litigare tutti contro tutti per dividersi i resti delle passate stagioni delle formiche italiane, anzichè rinnovare i modi migliori per inaugurare nuove vie di sviluppo in un epoca di rivolgimenti e di occasioni. Il sindacalismo italiano, pur storicamente attento alle culture politiche che l’hanno fatto nascere, attraverso il suo pluralismo ha svolto un ruolo di positiva influenza alla composizione degli intenti collaborativi tra maggioranze e minoranze politiche sui temi economici e sociali. La sua storia annovera tantissimi meriti in momenti di grande difficoltà della vita del paese.
Insomma storicamente il riformismo era più presente nelle formazioni sociali che in quelle partitiche. Nella seconda Repubblica le cose sono cambiate e si sono capovolte. Una parte del sindacato è scivolato progressivamente nel piano inclinato di appoggiare ed incitare alcuni partiti al populismo.
Viene così a mancare la realtà sociale che compensa con il proprio realismo la tendenza alla rincorsa della facile opposizione che ultimamente ha alimentato populismo e scarsa attitudine ad occuparsi delle partite economiche. Ma in questi frangenti chi porta avanti la croce del lavoro?
Giocoforza, con parte del sindacato incapace di svolgere un ruolo costruttivo di proposta con gli altri sindacati e con le associazioni imprenditoriali, provoca l’indebolimento della rappresentanza del lavoro ed affida tout court ogni decisione alla politica. Viene dunque a mancare la preziosa mediazione tra le parti sociali che, quando funziona, fa funzionare su tali temi i governi e i partiti.
Ecco, prima di addebitare errori ai vari Landini e soffermarsi sulle modalità sbagliate tecnicamente e sindacalmente usate per lo sciopero generale, farebbe bene a rendersi conto che le responsabilità vere sono quelle di aver deliberatamente cessato a svolgere quel ruolo positivo unendosi ai pifferai di turno, anzichè favorire la presa di coscienza in Italia che senza mettere mano ad ogni fattore di sviluppo, alle tasse, all’istruzione ed a tant’altro, difficilmente i lavoratori andranno incontro al loro benessere.
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