IL ‘NUOVO CALCIO’, LA RESILIENZA BIANCONERA E IL CAMPIONATO IMPOVERITO

La scena è da immortalare: al 26′ di Juve-Samp il povero Bremer – vittima di opinionisti impietosi, anche juventini – raddoppia dopo Rabiot (poi bissante), un altro bianconero da buttare, almeno a inizio stagione, quando mamma era pronta a firmare ma la società nicchiava; breve sosta pubblicitaria e si vede il super critico Adani reclamizzare nonsocosa guardando la tivù e sollecitando lo sfottò degli allegranti: tiè! Ma dopo cinque minuti la Samp pareggia, prima con Augello, poi con Djuricic, e sicuramente l’Adani se la gode dal vivo. E così via, fino alla vittoria di Allegri. Fosse per me, la partita finirebbe qui. Magari con il saluto ancheggiante di una sventola. Un film di Vanzina.
Questo è il Nuovo Calcio nel quale si mescolano vari elementi dissacranti – compreso lo spot – che con l’antico nobile gioco poco hanno a che fare. Dirò di più: con l’aria che tira, avvelenata da giustizialisti vindici, ha ragione Allegri quando dice “Cosa volete da me? La mia Juve con 53 punti colti sul campo è seconda in classifica”. Meno 15 oggi, infatti, ma domani, se la sentenza dovesse cambiare? Intanto, applausi alla resilienza bianconera. E al novizio goleador Soulè. (Resto dell’idea che il processo alla Signora doveva esser fatto fuori campionato).
Poco prima, la rappezzata Roma che tuttavia tenta di conquistare un posto in Champions – il che dà la misura di quanto sia impoverito il torneo nostrano mentre il Napoli, bontà sua, gioca da solo un campionato europeo – è stata abbattuta da un Sassuolo ringhioso e dalle follie di un pedatore esotico, rivelando che non ha la forza nè gli uomini per affrontare due partite in settanta ore, dopo il 2-0 inflitto alla forte Real Sociedad appena giovedì. Non c’era neanche Mourinho, all’Olimpico, magari a protestare per il rigore subito, sentendosi ingiustamente punito dalla squalifica ripensata. Ho sempre ammirato il panchinaro Mourinho, mai ho simpatizzato con l’uomo che dalla propria vistosa antipatia ha ricavato grande fama; oggi, tuttavia, lo vedo con altri occhi, non perchè abbia posato per la classica foto da prigioniero ma per avere accettato – affascinato dalla bellezza di Roma che supera l’ingombrante presenza dei cinghiali a Trinità dei Monti – di guidare una squadra una volta ricca e potente, oggi forse inutilmente ricca perchè gli americani giallorossi hanno il braccio corto.
Più di Lotito già ingiustamente definito Lotirchio. Così sono, le romane, alla vigilia del derby. Ancora senza Mourinho che mi dicono pronto – in caso di sconfitta – a fare i bagagli a fine stagione. Volendo, potrei portare altri cento episodi che dimostrano la drammatica decadenza dello sport più amato dagli italiani che resiste come può, grazie anche ai risultati disastrosi dell’unico gioco da campo potenziale concorrente: il rugby. Ma almeno quella della palla ovale è una favola…
(ITALPRESS).

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