ROMA (ITALPRESS) – “Da oltre un anno indagavamo su tutte le persone con le stesse particolari patologie di cui soffre Matteo Messina Denaro. Abbiamo effettuato verifiche e alla fine abbiamo centrato l’obiettivo”. Così al Corriere della Sera Teo Luzi, comandante generale dei carabinieri.
“Nell’ultimo mese avevamo capito che il cerchio si stava stringendo e sapevamo che ogni momento poteva essere quello buono – spiega -. Negli ultimi giorni eravamo più consapevoli, ma la storia ci ha insegnato che nulla è scontato soprattutto quando si tratta di un capomafia. Sinceramente mi aspettavo di saperne qualcosa di più nel pomeriggio. Da tempo stavamo effettuando uno screening nelle cliniche private e nelle strutture pubbliche sulle persone curate per questa particolare patologia. E poi tenevamo sotto controllo la cerchia di fiancheggiatori che evidentemente gli hanno dato copertura”.
“Le nostre ricerche si sono sempre concentrate in Sicilia, eravamo pienamente consapevoli di dover trovare un buco nella rete di protezione del capo – sottolinea Luzi -. Ma è bene sapere che si tratta di una rete stretta e non facilmente penetrabile, dopo la cattura tutto sembra semplice. Io posso dire che noi l’abbiamo preso ma c’è stato un gioco di squadra con la polizia e con i magistrati che alla fine si è rivelato vincente. È il metodo di dalla Chiesa”.
“Non ci sono misteri, né segreti inconfessabili. Abbiamo indagato per anni e anni e abbiamo lavorato per fargli terra bruciata intorno. Fino a questo risultato straordinario che deve essere dedicato a tutte le vittime di mafia”, dice ancora il generale.
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